Un bene il dibattito sulla «post-verità» (che per tanti è solo quella degli altri)
sabato 21 gennaio 2017

Caro direttore,
ho molto apprezzato l’intervento su post-verità e «fake news» di Chiara Giaccardi, del 5 gennaio scorso. È un intervento "alto", che ben mostra l’inesistenza di scorciatoie o soluzioni semplici, ammesso che si possa parlare di soluzioni, e che ben si distacca da molti interventi, o accenni, di livello più basso, sparsi nella pubblicistica delle ultime settimane. Mi permetto di proporre una considerazione su un aspetto marginale, la tempistica, che mi sembra rivelatore.

Alla fine del 2016 il tema della post-verità diventa assai menzionato nel dibattito pubblico, e questa diffusione potrebbe anche aver suggerito anche a lei di proporci il prezioso intervento di Giaccardi e quelli che lo hanno preceduto. Perché a fine 2016? Perché non sei mesi, o un anno prima, o tra sei mesi? Cosa è accaduto a fine 2016? Hanno iniziato a circolare post-verità sulla rete? Ovviamente no, Giaccardi stessa nota che la questione non nasce oggi, e io potrei aggiungere esempi di post-verità precedenti alla nascita della rete. Le post-verità hanno avuto un improvviso incremento? È un dato difficile da misurare, ma non ne vedo evidenza.

La chiave interpretativa che propongo è che a fine 2016 è stato eletto Trump, e che la sua elezione è stata percepita (a torto o a ragione, non sono in grado di valutare) come debitrice della post-verità. Quindi la post-verità è stata posta al centro dell’attenzione. È un processo che mi ricorda molto un fatto avvenuto pochi anni fa. Quando Letizia Moratti era sindaco di Milano, c’era, forse si può chiamarlo un movimento di opinione, che per protestare per la cattiva qualità dell’aria esponeva alle finestre le lenzuola, per mostrare che annerivano rapidamente. Appena è stato eletto Giuliano Pisapia, le lenzuola alle finestre sono scomparse. Se ne possono dare due interpretazioni. La prima è che Pisapia aveva poteri magici, e per la sola sua elezione aveva migliorato la qualità dell’aria (allora perché non farlo sindaco a vita?). La seconda è che il problema, realissimo, della qualità dell’aria veniva utilizzato strumentalmente per manifestare opposizione a una certa giunta, e che, venuto meno questo vero obiettivo, ha perso interesse.

La mia impressione è che il problema, realissimo, della post-verità venga utilizzato strumentalmente per un obiettivo vero che è la delegittimazione di Trump. Propongo tre elementi atti a valutare la credibilità di quanto affermo. 1) Quando pochi anni fa ci sono state le primavere arabe (quelle sì una grande post-verità) diversi di quelli che oggi si dicono preoccupati per le post-verità diffuse in rete ci avevano spiegato che le primavere arabe erano un frutto della finalmente conquistata libertà di comunicazione in rete. 2) Quante volte la post-verità è stata menzionata, non da "addetti ai lavori", prima dell’elezione di Donald Trump? (il che è solo un modo diverso di porre la stessa questione: pensate che la post-verità sarebbe improvvisamente diventata così menzionata se fosse stata eletta HillaryClinton? 3) Vedrete che la post-verità non verrà più menzionata appena sarà eletto il Pisapia di turno; per questa verifica potrebbe essere necessario del tempo, perché le prossime elezioni saranno in Francia e Germania e, secondo quanto oggi appare più probabile, in nessuna delle due sarà eletto il Pisapia di turno. Con i più cordiali auguri per il suo prezioso lavoro.

Marco Beghi, Varese



Che dire, gentile e caro amico? Prima di tutto che condivido il suo giudizio sulla qualità della riflessione che la sociologa Chiara Giaccardi ha sviluppato (anche) su queste pagine. E poi che potrei applicare il suo ben fondato ragionamento sull’idolo polemico di turno, che incentiva e giustifica tormentoni politico-mediatici come quello su "Donald Trump e il tempo della post-verità", anche ad altri (e non solo recentissimi) casi della cronaca e della storia. La verità – mi viene da dire, giocando un po’ con le parole – è che le "post-verità" sono sempre quelle degli altri... Lei da lettore sa, perché ne scrivo e ne parlo spesso e da parecchi anni ormai, che io preferisco concentrarmi sul tema delle "mezze verità". Che considero alla base delle menzogne e delle violenze che contribuiscono a fare più rabbiosa tanta parte del dibattito pubblico e a rendere peggiore il mondo (non solo) della comunicazione. Sono uomo di speranza, ma so che faremo fatica a uscire da questa china e da questa nebbia. Eppure che altro possiamo fare se non vivere e lavorare per questo? Ecco perché è comunque un bene che la riflessione pubblica sulle falsità e sulle manipolazioni e deformazioni della realtà delle persone, delle cose, degli eventi che ci assediano si sia aperto con questa intensità e, persino, veemenza. Teniamolo aperto.


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