giovedì 23 luglio 2020
Estendere l'articolo 14 (mutuo senza interesse a chi denuncia) anche alle famiglie, e non solo alle imprese, è indispensabile in questa crisi
Usura, la criminalità non risparmia le famiglie

Ansa

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C’è una strana asimmetria tra la realtà dello choc economico, sociale e morale provocato dall’insorgenza del Covid-19 e la vetustà dei concetti disponibili a chi deve osservarla per agire velocemente. È il caso dell’usura e degli strumenti che sono state impiegati un quarto di secolo per fronteggiarla. Al di là delle ottime intenzioni, confermate martedì 21 luglio 2020 a questo giornale dalla Commissaria straordinaria del governo, prefetto Annapaola Porzio, è necessario stilare un serio bilancio di questi 25 anni: poche centinaia di provvidenze, concesse senza adeguata istruttoria tecnica (ma con la semplice verifica amministrativa), un tasso d’insolvenza dei beneficiari che sfiora il 100%.

Di ciò, peraltro, dà conto la magistratura contabile, nelle relazioni annuali dedicate anche a questa branca dell’amministrazione dello Stato. Nell’intervista ad "Avvenire" la dottoressa Porzio tratteggia il comportamento degli usurai. E, a proposito dell’usura esercitata sulle famiglie, afferma: "Molto spesso l’usura a cui soggiacciono le famiglie non ha niente a che vedere con la criminalità organizzata, ma è legata a problemi di carattere diverso, certamente seri, come l’azzardopatia, ad esempio". E dunque – conclusione implicita di tali assunti – a quanti versano interessi usurari per scongiurare la messa all’asta dell’abitazione, o nell’illusione di impedire l’irreparabile causato da un giocatore d’azzardo ai suoi familiari, resta da impegnare una parrocchia o (se esiste) la cerchia amorevole dei parenti.

Porte chiuse da parte dello Stato, anche se la vittima di questa usura "semplice" sporgesse denuncia alla polizia. Il fondo dell’articolo 14 (mutuo senza interesse accordato a chi denuncia l’usuraio), viene ribadito, è solo per le imprese. Che sia organizzata o del singolo la criminalità è sempre responsabile di un comportamento da reprimere. Dal punto di vista della vittima, davvero fa differenza se l’usuraio sia un camorrista o un volgare guappo del "basso"? Non è grave che un usuraio tenga povere vittime sotto il suo tallone di ferro? Questa sofferenza non riguarda lo Stato? Forse che quella famiglia interpretata da Totò ne 'L’Oro di Napoli' (episodio "Il Guappo") non abbia i suoi epigoni nella Napoli del XXI secolo?

Ecco. L’apertura alle famiglie dei fondi dell’articolo 14 consentirebbe – almeno per una parte – di recuperarne quelle che dal fallimento sono passate all’indebitamento usurario. Di riflesso la misura incoraggerebbe comportamenti precoci di denuncia e il rifiuto di contatti con gli ambienti dell’illegalità. L’estensione dell’articolo 14 alle famiglie, infatti, ostacolerebbe l’offerta aggressiva dell’usura "di vicinato", o della piccola rete di strozzini sempre alla ricerca di clienti tra le famiglie povere. Ricordiamo allora la lezione del gesuita padre Massimo Rastrelli che individuò, già nel 1990, questa arcaica eppure sempre aperta piaga: nella forma del prestito di sussistenza cercato dai poveri per sopperire al reddito che manca a soddisfare bisogni fondamentali e per fronteggiare emergenze vitali (a esempio, malattie gravi o croniche).

E con questo torniamo alle origini dell’esplodere della questione dell’usura, che si verificò in finale del Novecento. Dal quartiere del Gesù Nuovo a Napoli, grazie all’opera pastorale del profetico gesuita, trenta anni fa si disvelò la sopravvivenza dei patti leonini, la vergogna dei prestiti giugulatori nell’Italia della modernizzazione e dell’opulenza! E aggiungiamo che l’unica esperienza di effettivo soccorso alle vittime dell’usura e di prevenzione efficace dell’indebitamento malsano è stata, e resta, quello delle Fondazioni Antiusura, delle quali 33 associate alla Consulta e un’altra decina con altro riferimento.

Quelle ottomila famiglie prese in carico ogni anno sono certamente una goccia, ma visibile, nel mare, e però hanno un valore molto più consistente (diciamo 80 volte di più) delle risposte simboliche e spesso discutibili erogate dal governo in tanti lustri. Ci sono poi i dati quo antea la pandemia che erano già tremendi, oltre che molto attendibili, perché basati sui bilanci delle famiglie tra il 2006 e il 2016, ovvero nel decennio sconvolto da due recessioni, quella del 2008-2009 e quella, ancor più pesante, del 2012-2013.

Dati di provenienza bancaria da un campione di 7.500 persone che l’Istituto interroga da 25 anni con cadenza regolare. La Consulta delle fondazioni antiusura, come altri enti, ha utilizzato fin dal 1998 tali materiali e ogni anno ha presentato a sua volta delle elaborazioni finalizzate a individuare il potenziale mercato dell’usura. L’ultima ricerca prodotta è stata discussa – alla presenza del precedente Commissario, Domenico Cuttaia – all’assemblea annuale di Assisi nel giugno del 2018. Nel 2019 vi è stato un complementare aggiornamento con i profili delle 104 Province esposte alla minaccia. Dai dati è stata estratta una rappresentazione attendibile dell' ampiezza dei fallimenti familiari.

Prima dell’emergenza coronavirus, che ha naturalmente esasperato la situazione, risultavano circa due milioni di famiglie in condizione tecnica di sovraindebitamento, cioè di insolvenza grave cronicizzata. Tale era la dimensione del bisogno, all’interno del quale si allargano oggi gli spazi di mercato dell’usura verso le persone fisiche e le famiglie. Nella recovery della società italiana dopo il Covid davvero lo Stato può trascurare questo bacino dello strozzinaggio? Vi è una ragione, anche tecnica, per integrare le famiglie tra i destinatari del Fondo cosiddetto "di solidarietà'" fissato all’art. 14 della legge antiusura: ai soggetti indebitati nel mercato illegale è interdetto l’accesso al fondo 'di prevenzione' (art. 15 della stessa legge). Proprio perché 'di prevenzione'.

Ed ecco il paradosso: la famiglia soggiogata dallo strozzino non può né chiedere il sostegno del fondo di prevenzione e nemmeno quello di solidarietà. Cade cioè la mannaia sulla ragione stessa dell’antiusura: liberare tutti dal prestito illegale: persone fisiche (cioè famiglie) e imprese. E' un tratto generale, che la politica e la cultura hanno il compito di affrontare, anche con riguardo a fenomeni ben conosciuti nelle altre profonde crisi che hanno preceduto la pandemia, il confinamento generale delle persone, del lavoro, dei servizi delle pubbliche amministrazioni. Tale asimmetria – di visione e di prassi operativa – si riproduce anche per il balzo di quel comportamento sordido e tradizionale che chiamiamo prestito a usura, che è la promozione di un business sulla povertà delle persone, sulla crisi delle imprese e in generale su una estesa e sommersa sofferenza sociale. In altri termini, davanti al pericolo si continua tuttavia ad agire con gli stessi schemi di prima del collasso di marzo. Di queste, nonostante ancora troppe sottovalutazioni, si avverte sempre più distintamente e dolorosamente il pericolo.

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