Da Assisi, Santa Maria degli Angeli si vede bene, con la gran cupola che domina il verde della pianura. Il treno speciale da Roma arriva laggiù, con il Papa e trecento leader religiosi da ogni parte del mondo. E suonano tutte insieme le campane di Assisi, a festa; e il cielo pigramente riavvolge lo stuolo di nuvole e pioggia e schiarisce, come titubante. In Santa Maria degli Angeli prendono posto i convitati a questa Giornata per la pace, venticinque anni dopo quella voluta da Giovanni Paolo II. Sono cardinali, e monaci buddisti, e imam, e rabbini; ci sono anche, invitati per la prima volta da Benedetto XVI, intellettuali non credenti. Tutti assieme davanti alla piccola Porziuncola hanno volti maturi, gravi, di uomini che hanno visto molto. Non pregheranno assieme, poiché ciascuno ha il suo Dio; ma insieme sono venuti qui, pellegrini, a testimoniare una domanda di pace. E guardi questi vecchi dotti nelle loro lunghe vesti rituali, e il Papa fra loro. Cosa si saran detti in quelle due ore di viaggio, fianco a fianco? Sappiamo ciò che scrisse l’allora cardinale Ratzinger, quando nel 2002 venne qui in treno con il Papa, a pregare per la pace, pochi mesi dopo l’11 settembre 2001. Quel treno gli era sembrato, disse, «uno splendido segnale di speranza». E citava il Salmo 18: «Con il mio Dio scavalcherò le mura». Sono passati 25 anni. I ragazzi che cantano qui davanti a San Francesco, non erano nati. Non ricordano, o non sanno quale tensione contrapponeva due mondi antitetici, nel 1986, e quanto fragile era in quel momento, la pace. Assisi fu una grande, accorata, corale domanda di pace. Tre anni dopo quel giorno, ha ricordato ieri Benedetto XVI, il Muro di Berlino, confine tra i due mondi, cadde «senza spargimento di sangue».E i ragazzi del 1986? Sono i cinquantenni che oggi vedi qui coi capelli grigi, e i figli già grandi. Hanno visto nascere «nuovi e spaventevoli volti» della discordia, dice Benedetto XVI. Hanno ancora negli occhi il fumo nero delle Torri gemelle; e sanno bene anche come la assenza di Dio comporti quella «decadenza» in cui il desiderio di felicità degenera, e la violenza diventa cosa normale. «Ma dov’è Dio?» si chiede a un certo punto del suo discorso il Papa; in quel momento quasi più fratello, compagno delle nostre domande quotidiane. Benedetto XVI apre le braccia a coloro che, non credenti, cercano. Chiama anche loro, insieme, in cammino: «pellegrini della verità e della pace». Nel cielo di Assisi intanto la foschia si scioglie piano: ora la strada da Santa Maria degli Angeli è un nastro d’asfalto lucente. Salgono adagio i pullman degli illustri pellegrini, da San Francesco li si vede avanzare. Il rabbino David Rosen ha detto in Santa Maria degli Angeli che il pellegrinaggio è «molto più di un viaggio», e che in ebraico questa parola si traduce con <+corsivo>aliyah la’regel<+tondo>, che significa «salita a piedi». E avverti bene, da quassù, il faticoso salire. Parlano lingue diverse, e credono ciascuno in un suo Dio. Ma vengono quassù, fino alla tomba di Francesco, in una domanda di pace: «quella profonda aspirazione – ha detto il cardinale Turkson – che risuona incessantemente nei nostri cuori». E poi davanti a San Francesco i volti gravi dei vecchi invitati fronteggiano la festosa allegria dei ragazzi - quelli che 25 anni fa non c’erano, e non sanno. Un segreto calendario pare regolare le visite dei Pontefici qui, ad Assisi: papa Giovanni XXIII venne il 4 ottobre 1962, una settimana prima dell’apertura del Concilio. Giovanni Paolo II venne nell’imminenza, che forse profeticamente avvertiva, della caduta del Muro. Così che sotto a questo bel cielo umbro che ora si è aperto al sole ti domandi quali altri muri incombono su di noi; e speri che in quelle due ore di solitudine nelle celle del convento di Santa Maria degli Angeli, i pellegrini abbiano pregato tanto: ciascuno il suo Dio, ma in un profondo slancio del cuore. E scuoteranno il capo, lo sappiamo, quelli che in simili gesti vedono pericolosi sincretismi, o slabbrature di una fede pura. Ma ci deve essere, prima di ogni religione rivelata, un desiderio di vita e di bene, scritto dentro. Come ha detto l’arcivescovo di Canterbury Rowan Douglas Williams citando un poeta del Galles, la sua terra, occorre «trovare un’unica radice al di sotto di tutti i rami». Anelito faticoso, spesso sommerso dal cinismo, o relegato a bella illusione per sciocchi - mentre il mondo è dei forti. E però 25 anni dopo l’audace gesto del Papa polacco, guardateli, monaci e imam e rabbini sono tornati ad Assisi. Non credenti, anche, da Benedetto XVI invitati e abbracciati: camminate con noi, compagni di viaggio. E alla fine abbiamo visto la schiera degli ospiti seguire silenziosa il Papa nella cripta, dove è sepolto Francesco. In questa terra dolce e feconda dove i Pontefici, come chiamati, ritornano pellegrini.