mercoledì 31 luglio 2024
La Generazione Z di Pechino si lascia alle spalle tradizioni e ideologia per adottare uno stile di vita conformista e un benessere che spengono i sogni e le ambizioni
Giovani tifosi cinesi a Parigi. Il turismo è uno dei segni dei nuovi consumi dei "centennials" in Cina

Giovani tifosi cinesi a Parigi. Il turismo è uno dei segni dei nuovi consumi dei "centennials" in Cina

COMMENTA E CONDIVIDI

Contraddittoria, consumista, sola e determinata, la Generazione Z cavalca in Cina brani di tradizione e frammenti di modernità, ma è nei fatti la prima generazione post-ideologica. Nata dopo il 1996, la sua realtà è individualista e concreta. Alla maggiore consapevolezza verso la cura della persona, corrisponde una maggiore sedentarietà. Il 70% dei più giovani dedica non più di due ore alla settimana all’attività fisica e i timori per le ripercussioni sulla salute non bastano a limitare la diffusione del consumo di alcolici. La sensibilità ambientale dei giovani cinesi è sviluppata ma non esclude l’acquisto di auto dai consumi elevati o stili di vita poco coerenti con il risparmio delle risorse naturali. L’influenza di mode ed esperienze diverse è evidente e accolta: i rapporti con la comunità restano importanti ma la tensione all’innovazione e all’autonomia li relativizza, e a volte li complica. Come i doni tradizionali sono snobbati a favore di altri più personalizzati, i trasferimenti ai luoghi d’origine della famiglia – ad esempio in occasione del Capodanno lunare – sono sostituiti da gite di piacere o viaggi all’estero. Meta preferita al di fuori del territorio nazionale è oggi la Corea del Sud, sia perché una realtà storicamente vicina, quindi accessibile culturalmente, sia perché di forte richiamo per le diverse manifestazioni della sua cultura popolare e giovanile.

La Generazione Z è ottimista ma consapevole che – come afferma Liqian Ren – capo-ricercatore di Wisdom Tree, società di analisi degli investimenti, «chi è nato negli anni Settanta o Ottanta del secolo scorso vedeva un futuro roseo, dove bastava lavorare sodo per salire la scala sociale». Per questa generazione invece «le attese sono certamente diverse. Ad esempio, per i più giovani l’incremento dei salari è significativamente rallentato».

I giovani sanno che dopo un trentennio di riforme e aperture la situazione è cambiata. La scala sociale si è bloccata e si sono ridotte così le possibilità di acquistare un’abitazione, di studiare all’estero e di godere di un alto livello di autonomia riguardo alle scelte essenziali. Il mercato del lavoro si è irrigidito, offre minori possibilità e minori benefici. La disoccupazione è da record per questo Paese e i licenziamenti sembrano colpire anzitutto i giovani. Lo scorso anno il 21% dei lavoratori tra i 16 e 24 anni era disoccupato, e questo potrebbe essere l’ultimo dato ufficiale per molto tempo, vista la decisione dell’Ufficio nazionale di Statistica di non rilasciare ulteriori indicazioni a riguardo «se non dopo miglioramenti».

Gli 11,6 milioni di laureati che lo scorso anno si sono presentati sul mercato dell’impiego si trovano davanti non solo a un sistema meno ricettivo ma anche a interventi ufficiali che – come parte della campagna di moralizzazione voluta da Xi – stanno colpendo aziende di sviluppo tecnologico e un sistema educativo in buona parte privato che garantivano in entrambi i casi ampie possibilità di assunzione ai neolaureati. Questo spiega un dato, numericamente incerto ma parte della realtà delle Generazioni X e Z, cioè il decadere dell’etica del lavoro e il consolidarsi del tangping, lo “starsene sdraiato”, ovvero farsi invisibile all’economia formale, vivere con meno ma con minore pressione, rivendicando la propria individualità.

Almeno 400 milioni di giovani cinesi vivono in bilico tra libertà individuale e regole, tra istruzione elevata e isolamento sociale, fra ambizione e difficoltà a concretizzare risultati. Per la prima volta nella storia cinese quella definita con la lettera Z è una generazione in maggioranza urbana, e alla realtà metropolitana si ispira. Tutto questo, unito al buon livello culturale e alle aspirazioni sia al benessere sia all’apparenza, la rende oggetto di un marketing specifico, destinato a soddisfarne voglia di innovazione e conformismo, con la tendenza a privilegiare prodotti di pregio o lussuosi acquistati però con consapevolezza del rapporto bisogno- valore-costo. La loro ostentazione di benessere alimenta il guochao, l’“onda nazionale” del lusso made in China che cerca a sua volta di imposi sul mercato internazionale, e che è opposta a quella dei predecessori Millennials che hanno sostenuto l’enorme business delle vendite online rastrellando perlopiù immense quantità di prodotti di basso prezzo e di dubbia qualità.

Secondo un recente studio il 56% di questi Centennials abita in grandi città. Una preferenza, spesso una scelta di vita, che mostra la volontà di essere “dove le cose succedono”, pronti ad afferrare le possibilità offerte dalle metropoli, contando su un numero di diplomati o laureati quasi doppio della generazione precedente. Inurbamento e conoscenze non aprono però alla socialità diretta, dato che molti dei rapporti interpersonali passano dalle piattaforme social, a partire da Soul, la più utilizzata.

L’ultima generazione a essere entrata nella maggiore età – quella su cui si proiettano le aspettative per condurre la Cina fuori dalle secche della sua demografia in affanno – sperimenta il disinteresse verso i matrimoni, praticamente dimezzati rispetto al record di 13 milioni e mezzo del 2013, con i timori per le conseguenze della genitorialità in termini finanziari, di possibilità e di realizzazione personale, che sono maggiormente sentiti dalle giovani donne rispetto agli uomini. Non a caso, il numero di quelle che dichiarano di voler anteporre la carriera ai figli è in questa generazione ben 18 volte superiore rispetto alla generazione precedente.

Un’altra caratteristica della Generazione Z nel “Paese di mezzo” è la maggiore apertura nei confronti della sessualità. L’omosessualità o bisessualità, dichiarata dall’8% dei giovani coinvolti nei sondaggi, ha un’incidenza tripla rispetto alle generazioni X e Y, ma questa maggiore esposizione è affiancata da solitudine e superficialità nelle amicizie. In due ricerche elaborate da Soul risulta che un terzo degli intervistati esprimeva «la sensazione di sentirsi quasi sempre soli» e che la media degli amici più veri era di 2,5. Per effetto di tempi di lavoro prolungati, delle distanze maggiori da percorrere nelle attività quotidiane o dell’isolamento sociale subìto o cercato, tra i Centennials cinesi l’arretramento dell’amicizia è fortemente presente e questo non può mancare di influenzare pesantemente anche i rapporti fra i sessi (dove un certo distanziamento continua a permanere) e le unioni, legali o di fatto.

Di qui anche la diffusione dei pei liao (compagni di conversazione), che dietro compenso a tempo condividono online ansie e aspirazioni dei coetanei dando a sé stessi (con qualche cautela, stante il sospetto delle autorità che questa attività possa coprire una qualche forma di prestazione sessuale) la possibilità di proporsi su almeno una ventina di applicazioni che al momento ospitano questi servizi e di disporre di un reddito integrativo o alternativo. Un aspetto dell’“economia della solitudine”, che da solo si stima possa raggiungere i 50 miliardi di yuan (6,35 miliardi di euro) entro il 2025 e che è al servizio non soltanto di giovani insonni, incerti o bisognosi di contatto umano, ma che incontra anche le necessità di un numero crescente di single.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI