Prima ancora che dalle urne l’esito del voto in Egitto si può indovinare dalle facce che si aggirano in piazza Tahrir, il luogo-simbolo della primavera araba. Accanto agli iniziatori della protesta di gennaio, studenti, professionisti, blogger e internauti, animati dal desiderio di libertà e democrazia, ci sono tanti adolescenti eccitati e aggressivi e interi squadroni di barbuti in tunica, facilmente riconoscibili come salafiti. La rivoluzione ha cambiato volto facendo emergere nuovi inquietanti protagonisti che si preparano a dominare la scena politica. I giovani democratici, tornati a protestare contro la finta democrazia dei militari, hanno aperto la strada agli integralisti che vogliono semplicemente abolire la democrazia. E se i primi hanno scelto di boicottare le elezioni gli altri hanno puntato sulle urne.
Il risultato del voto per l’Assemblea del popolo sarà reso noto solo alla fine del tortuoso percorso elettorale previsto in tre tornate. Ma le prime indiscrezioni fornite dalla stampa locale e avallate dagli interessati prefigurano un successo travolgente degli islamici. Non solo di coloro che si presentano come moderati, vale a dire i Fratelli Musulmani, il cui partito 'Libertà e Giustizia' è dato attorno al 40%.
Ma anche della formazione radicale al-Nour, espressione politica dei salafiti, che raggiungerebbe il 20%, in lotta per il secondo posto con la lista laica e progressista del 'Blocco egiziano'. Prima d’analizzare la probabile vittoria del radicalismo religioso è importante capire le ragioni che stanno alla base della sconfitta del movimento laico e liberale. Nato attorno ai social network aveva portato alla luce la rabbia e le speranze di un popolo schiacciato da un sistema autoritario, ponendosi come avanguardia intellettuale capace di coinvolgere le più diverse classi sociali del più grande Paese del mondo arabo. È stata una rivoluzione dal basso che ha saputo raggiungere la cima della piramide facendo cadere un Faraone al potere da trent’anni. Ma ha mostrato tutti i suoi limiti rifiutando cocciutamente (e oggi possiamo dire colpevolmente) di darsi un programma, un’organizzazione e un leader per proseguire il cambiamento. I giovani di piazza Tahrir non hanno saputo prendere esempio da quanto successo nell’Est Europa dove la protesta contro i regimi comunisti si era strutturata in movimenti sindacali o politici esprimendo figure carismatiche come Walesa, Havel, Eltsin.I nuovi e fugaci eroi della primavera araba sono stati i blogger. Ma non basta Internet, strumento formidabile di comunicazione, per creare un soggetto politico il cui vuoto è stato riempito dai movimenti fondamentalisti che vantano una lunga esperienza e una solida organizzazione. Ma se la vittoria dei Fratelli Musulmani risulta abbastanza scontata, non così l’affermazione dei salafiti che potrebbero essere l’autentica (e preoccupante) sorpresa del voto egiziano.
Il salafismo si fonda su un’interpretazione rigida e letterale del Corano che sfocia nella proposta politica di una teocrazia islamica.
In campagna elettorale i Fratelli Musulmani ne hanno preso le distanze, puntando sull’immagine soft di un partito moderato e tollerante. Insieme però, se le percentuali del 40 e del 20 % si riveleranno fondate, possono arrivare alla maggioranza assoluta.
Del resto in questi ultimi decenni si sono trovati spesso uniti, nelle strade e nelle galere. La Fratellanza dice di puntare ad un’alleanza di governo coi partiti laici. Ma l’eventualità che si unisca ai fondamentalisti nel nuovo Parlamento, in nome di quel collante miracoloso che si chiama Potere, fa venire i brividi. Un gelo che ucciderebbe definitivamente la primavera araba.