La basilica romana di Santa Croce a Gerusalemme - Foto Siciliani
La Città Eterna felice e fortunata per la grazia della permanenza e del martirio di Pietro, il Principe degli apostoli e di Paolo, l’Apostolo delle genti. Quello che qui proponiamo ogni due settimane è un viaggio che segue il filo d’oro che si dipana attraverso le vie regine di Roma, le sue case e le sue basiliche, i suoi vicoli disseminati di osterie e madonnelle, i suoi santuari, storie di persecuzioni e sorprendenti conversioni, con l’obiettivo di aiutare i “romei” di oggi a trarre dalla visita “ad Petri sedem” conforto e conoscenza della vita per la quale è vera l’immagine dantesca della « Roma onde Cristo è romano». Un aiuto a guardare le tracce che, nel tempo che scorre, sono rimaste, talvolta quasi impercettibili o nascoste, a testimoniare la vita di una storia di grazia che entra nella storia.
Allora, senza esitare s’imbarcò per Gerusalemme. Partì, benché avesse ormai quasi ottant’anni, Elena, la vecchia madre dell’imperatore Costantino. Prima di morire voleva pregare in quei luoghi dove Gesù Cristo era nato, aveva vissuto, era morto ed era risorto; glorificare così il Salvatore, Colui al quale, da quando era diventata cristiana, aveva offerto la vita. Ma l’odio anticristiano aveva fatto scempio di quella terra ed Elena arrivando a Gerusalemme vide i templi pagani eretti sopra il Santo Sepolcro e sopra la buca dove era stata piantata la croce. Nella Morte di Teodosio sant’Ambrogio ricorda il viaggio di Elena in Terra Santa e lodando la sua fede scrive: «Si recò dunque sul Golgota, i soldati videro quella vecchia donna, quella vecchia madre aggirarsi e inginocchiarsi tra le macerie. “Ecco il luogo della battaglia: dov’è la vittoria?”, disse Elena. “Io sono sul trono e la croce del Signore nella polvere? Io sono in mezzo all’oro e il trionfo di Cristo tra le rovine? Vedo cosa hai fatto, o diavolo, perché fosse seppellita la spada che ti ha annientato”». « Beato – commenta infine Ambrogio –, beato fu Costantino per una tale madre».
Si deve a Elena la costruzione a Roma della basilica di Santa Croce in Gerusalemme, che conserva le reliquie della Passione di Gesù. Elena infatti volle che parte del sacro legno e delle altre reliquie della Passione da lei ritrovate e portate a Roma fossero poste nel Palatium Sessorianum, la sua residenza imperiale, parte della quale venne trasformata in basilica, da cui il nome di Basilica Sessoriana. E a fondamento della basilica fece porre la terra stessa del Golgota. Tre frammenti del legno della croce, parte dell’iscrizione che Pilato fece apporre sopra la croce e uno dei chiodi della crocifissione sono tutt’ora visibili in un’urna di vetro posta sopra l’altare in una cappella all’interno della basilica romana.
Il frammento dell'iscrizione fatta affiggere da Ponzio Pilato sulla Croce - Foto Siciliani
Sancta Hierusalem – come veniva anche chiamata la basilica custode del «trionfo e della vittoria della Sua Passione» – è stata per secoli in Occidente il luogo privilegiato delle celebrazioni liturgiche della Settimana Santa. L’Antifonario di san Gregorio Magno (540-604) fissa la stazione del Venerdì Santo a Roma in Hierusalem. Fino all’esilio avignonese dei Papi, come attestano diversi Ordines Romani (i libri liturgici con i rituali delle funzioni papali), il Pontefice in persona, a piedi scalzi, si recava in processione dalla Basilica Lateranese alla Basilica Sessoriana « quae est Hierusalem », per adorare il « vessillo della salvezza». È una costante e antica tradizione che avvalora l’autenticità della reliquia, suffragata da molti documenti che ne attestano scoperta, traslazione, conservazione e venerazione. Per quanto riguarda poi il suo ritrovamento da parte di Elena, la tradizione è sostenuta da Eusebio di Cesarea e dai continuatori della sua Storia ecclesiastica: Rufino, Socrate, Sozomeno e Teodoreto (IV-V secolo). Nel VI secolo sul fatto che Elena avesse ritrovato il legno della Passione non c’erano dubbi: lo stesso imperatore Giustiniano (527-565) scrive che «è stata la madre di Costantino a ritrovare il santo legno dei cristiani». E agli storici greci si affiancano le testimonianze di san Cirillo di Gerusalemme, contemporaneo alla scoperta, sant’Ambrogio e san Paolino da Nola (IV-V secolo). Ma come avvenne il ritrovamento della croce?
Quando Gesù, tolto dalla croce, venne deposto nel sepolcro che Giuseppe d’Arimatea aveva donato per accoglierne le spoglie, anche tutti gli strumenti della crocifissione vennero sotterrati in un luogo vicino al sepolcro. Presso gli ebrei infatti era vietato seppellire i giusti-ziati nel cimitero comune. Era considerata una profanazione. Così anche gli strumenti del supplizio – croci, spade, sassi – dovevano essere sotterrati perché disonorati dell’uso che ne era stato fatto. Risorto Gesù su quella terra i cristiani venivano a inginocchiarsi. « Ma l’imperatore Adriano (117-138) scrive lo storico Rufino «volle cancellare il luogo della Redenzione e ne decretò la profanazione ». Così per ordine dell’imperatore, la depressione che separava il monte Calvario dal Sepolcro di Gesù fu riempita di terra e livellata. Su questa Adriano fece costruire due templi: uno a Giove sul Santo Sepolcro e uno a Venere sulla fossa della croce. «Insensato! – esclama Eusebio –. Credeva di nasconderli al genere umano! Non si accorgeva che, volendo far dimenticare i luoghi santi ne fissava irrevocabilmente il punto esatto». Eusebio narra che Costantino concepì il disegno di erigere una grande basilica sul Golgota. Lo storico ci ha conservato per intero la lettera con cui l’imperatore comunica a Macario, vescovo di Gerusalemme, la decisione e lo prega di assumere la sorveglianza dei lavori. La costruzione della basilica durò una dozzina di anni. La basilica, che fu consacrata il 14 settembre del 335, comprendeva due aree: il Martyrion, sul luogo della croce, e l’Anastasis, che racchiudeva la grotta del Sepolcro. È durante i lavori di demolizione dei templi di Adriano, che Elena giunse a Gerusalemme.
Il reliquiario con i chiodi della Croce custoditi in Santa Croce a Gerusalemme - Foto Siciliani
Elena era nata nella Bitinia, e solo in tarda età aveva abbracciato la fede crsitiana. Sant’Ambrogio parla delle sue umili origini e ne rivela un particolare: era una stabularia, una locandiera, che per la sua professione venne conosciuta da Costanzo Cloro, il quale divenne imperatore e dal quale ebbe Costantino. Rimase nell’ombra fino a quando il figlio, divenuto imperatore, la chiamò a corte dandole il titolo di Augusta. Tutti gli antichi storici della Chiesa seguendo la teologica politica di Eusebio apologeta e panegirista di Costantino, pur tessendo l’elogio delle virtù di Elena, fanno brillare la madre dell’imperatore della luce riflessa del figlio. Al contrario, il vescovo Ambrogio esalta invece la figura e la fede di Elena: «Grande donna che trovò molto di più da offrire all’imperatore di quello che ricette da lui». Elena, dunque, arrivata a Gerusalemme, comincia a passare in rassegna i luoghi santi. Sul Golgota, secondo il racconto di Ambrogio, riceve «dallo Spirito Santo l’ispirazione di cercare il legno della croce». Così fa scavare il terreno e «trova i patiboli che le macerie avevano coperto e il Nemico nascosto».
«Ma il trionfo di Cristo – continua il santo vescovo di Milano – non poteva essere dimenticato». Così la croce della Passione sotterrata da tre secoli fu riportata alla luce. L’imperatrice lasciò la maggior parte della reliquia a Gerusalemme, un resto lo portò con sé a Roma, dove poco dopo mori, nell’agosto del 326. I n seguito a questa scoperta, a Gerusalemme, il 14 settembre 335, fu introdotta la festa liturgica dell’Esaltazione della croce. Questa celebrazione liturgica giunse a tale considerazione che già nel IV secolo una Peregrinatio ad loca sacra parla di moltitudini di fedeli che per otto giorni consecutivi accorrevano da tutto l’Oriente per prendervi parte. La festa dell’Esaltazione della croce si affermò anche in Occidente. A Roma le reliquie della Passione di Gesù, esposte ai fedeli il 14 settembre e il Venerdì Santo, sono sempre rimaste nella Basilica Sessoriana. Solo una volta corsero il pericolo di essere profanate e distrutte: durante la Repubblica romana nel 1798. Il 13 settembre, proprio alla vigilia della festività – dopo la confisca del monastero e il saccheggio dei tutti gli oggetti preziosi dalla basilica –, alcuni agenti della Repubblica si presentarono nuovamente al custode della basilica, unico monaco rimasto. Volevano farsi consegnare anche le reliquie della croce. Ma il vecchio monaco poté preservare il legno di Cristo dalla rovina. Così come aveva fatto Elena, affinché per sempre fosse visibile lo strumento della Sua vittoria.