Criticare è lecito. Lo è persino un po’ di più quando nel mirino ci finiscono i giornali, che spesso a loro volta criticano. Dunque non ci dispiace che il signor direttore del Gioco a distanza dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli davanti alla platea riunita per celebrare una ricerca tecnica sullo sviluppo dell’azzardo via internet abbia lanciato strali contro «certa stampa», colpevole di allarmismo sul dilagare di Azzardopoli e delle malattie da gioco compulsivo.Ognuno si assume la responsabilità di quel che scrive e dice o non dice, noi cronisti come il dirigente ministeriale che ritiene «marginali» e comunque «fisiologici » i «rischi» e i prezzi sanitari e sociali da «gioco problematico». La ludopatia, insomma, ce la siamo inventata noi, l’Oms, quelli delle Fondazioni anti-usura e una legge dello Stato. E così anche la parola «azzardo», che per qualcuno è quasi impronunciabile. La dirigenza impone forse l’eufemismo?Non ci dispiace essere criticati, ma ci dispiace che da ieri si sia ingigantito un certo sospetto. Per esempio che a gestire burocraticamente l’azzardo e, nel caso, i 'giochi a distanza' (che non sono la pallacorda e neanche la battaglia navale, ma il poker online e i suoi affini succhiasoldi) ci sia gente un po’ tanto azzardatamente di parte, quella sbagliata. È un contributo di chiarezza. Per noi e, speriamo, anche per chi ci rappresenta e ci governa.