«Dite che colpite target militari, ma ieri avete ucciso 16 bambini», dice agli invasori il presidente dell’Ucraina. Mai viste tante tristi foto di bambini come ieri. Sono i bambini morti. Le loro fotografie sono usate come un monito contro la guerra. Le facce innocenti dei ragazzini accusano come assurda la violenza del fucile o della bomba che li ha uccisi, e innocenti vuol dire che non nuocciono, non fanno male, loro non ti fanno niente e tu gli fai il massimo male, li uccidi, loro non ti tolgono niente, e tu gli togli tutto, la vita. I bambini uccisi in guerra sono l’icona del problema etico che va sotto il nome di «dolore degli innocenti».
I bambini uccisi in guerra dovrebbero annullare le ragioni di chi fa la guerra: si può fare la guerra se questo è il prezzo? La risposta morale è 'no', ma la risposta militare purtroppo è 'sì'. La guerra ha per scopo fiaccare il nemico e spingerlo alla resa. E a raggiungere questo scopo uccidere un bambino serve di più che uccidere un adulto. Alcuni di questi bambini sono stati uccisi dalle bombe, e la bomba è cieca, uccide in quantità, e la sua efficacia si misura sulla quantità. Altri però sono stati uccisi da cecchini, soldati solitari, che sparano mirando. Se davanti hanno un ragazzino, sparano sul ragazzino. Mirano e fanno partire il colpo.
Mirare è un’operazione con la quale metti il mirino e la tacca di mira in direzione del bersaglio, anzi del punto del bersaglio, la testa, il cuore, il petto, che vuoi colpire. Ci sono due assi nella tacca di mira, uno verticale e uno orizzontale, che s’incrociano, e il colpo andrà a finire esattamente sull’incrocio. Vuoi colpire il cuore? Miri al cuore. Vuoi colpire il cranio?
Miri al cranio. Vuoi colpire un ragazzino? Miri al ragazzino. Coloro che hanno sparato sui ragazzini sapevano cosa colpivano. Guardo le foto, una alla volta. C’è una ragazzina dell’ultimo anno delle elementari, ci guarda, ha le mani tese verso di noi, in ogni mano una pepita luccicante. Sorride. Vuol dire: 'Io sono una pepita'. Ha i capelli colorati artificialmente, a 11 anni, a vent’anni cosa farebbe, li dipingerebbe a tavolozza? Par che dica: ho due misteri nelle mani, un mistero nella faccia, un mistero nei capelli. La sua vita sarebbe stata un dispiegamento di misteri.
L’hanno troncata. E così non hanno troncato una vita, ma un mondo, una serie di mondi, una quantità di mondi. Questa bambina si chiama Polina. C’è una bambina di 7 anni, fotografata con un lungo piumino color rosa, un colbacco in testa, e una sciarpa al collo. Si chiama Alisa. Ha dei disegni sul piumino, forse lo ha scelto proprio per quei disegni. Se fosse cresciuta, si sarebbe fatta dei tatuaggi. Ama sentirsi dipinta. Il mondo è bello perché si può colorare. Colorarlo significa completarlo. La creazione del mondo è incompleta, tocca a noi completarla. Alisa si sentiva nata per completare il mondo. È stata uccisa nell’asilo. Chi l’ha uccisa, ha scolorito il mondo.
Non so se chi ha ucciso Alisa, Polina e tutti gli altri bambini vincerà questa guerra e prenderà in mano il mondo, ma so che chi vincerà – se qualcuno potrà vincere – non avrà mai il coraggio di dire quello che sta facendo. Non alla moglie, non ai figli.
Neanche a sé stesso.