I casi come quello di Denise Pipitone li seguiamo sempre, noi tutti, mettendoci dalla parte della madre che ha perso la figlia e la cerca, e si chiede: ne hanno trovata una della stessa età, che sia la mia? vado a vederla? mi dicono il gruppo sanguigno? il Dna? Su questa ansia mondiale la tv, anzi le tv del mondo, ci marciano. Stavolta è toccato alla tv russa. Ha costruito un mega- show in più puntate, che doveva terminare con una seduta in cui non una madre, ma tre madri eran convocate per riconoscere la loro bambina scomparsa: la seduta veniva chiamata 'la lotteria delle madri'.
L’avvocato che rappresentava la Denise italiana s’è ritirato presto: la bambina russa non aveva alcuna probabilità di essere la bambina italiana. Noi tutti, telespettatori del mondo, abbiamo sentito la conclusione della vicenda come un doloroso fallimento. Non conosciamo la sorte di Denise, cosa le è capitato, e ogni volta il rivederla moltiplica la sofferenza in noi tutti. Tutti? Non tutti.
C’è qualcuno che sa tutto, cosa è successo a Denise, dov’è finita, dov’è adesso. Sa tutto. Ma non ha mai detto nulla e probabilmente mai lo dirà. Vede la madre soffrire oltre il limite della sopportabilità ma lascia che le cose vadano così, per lui se vanno così, vanno bene o comunque non vanno male. Non sappiamo niente di quest’uomo che ci dev’essere e che sa tutto, su di lui possiamo ragionare alla cieca, costruendo delle ipotesi interpretative psicologiche. Io son convinto che hanno un senso, e che una risposta, alle principali domande, la danno. La domanda principale è questa: è odio? O è vendetta? Son due cose diverse.
L’odio vuole il male, la vendetta vuole la sofferenza. Chi sa tutto di Denise e non dice niente, non vuole produrre il male, vuole produrre sofferenza. La nostra sofferenza lo fa star meglio. Per noi, questa irruzione della tv russa, con il mega-show in diretta, in collegamento con più tv straniere, i dati identificativi della bambina forniti col contagocce (come farebbe da noi il conduttore o la conduttrice di turno, inquadrando il volto da tutti i profili, in modo che 'il pubblico' arrivi al riconoscimento), per noi questa puntata d’importazione di 'Chi l’ha visto?' è stata un dito conficcato nella ferita slabbrata. A moltiplicare il dolore.
Ma c’è qualcuno che sa tutto e non soffre per niente e prova soddisfazione o indifferenza nel vedere la madre distrutta: sto cercando di capire, perché cercare di capire vuol dire amare, cioè aiutare. Ma aiutare la bambina perduta a ritrovar la madre e la madre a ritrovar la figlia perduta: ci siamo dimenticati che, comunque vadano le cose, e tenendo conto ormai che la bambina russa non è Denise, però anche la bambina russa è una bambina rubata, se non è Denise è un caso parallelo a Denise. Son sempre bambine, queste rubate. Mai maschietti.
Mi chiedo perché. Perché la bambina riassume il senso della famiglia e della continuità, rubando una bambina spezzi la continuità della stirpe. Spezzi la generazione. E questo collima col senso della vendetta, quando vuoi che la vendetta sia per sempre. Su Denise noi non potevamo fare niente, su di lei non siamo colpevoli. Ma su questo sconosciuto, che ha voluto e preparato e compiuto la vendetta, crudele e perenne, su come abbia potuto nascere tra noi, e crescere, e agire, non possiamo dirci innocenti.