Centomila croci ha piantato il Covid nel corso dell’ultimo anno. Centomila morti da nord a sud: il nostro Paese, la nostra gente tanto ha pagato. Un numero già superato dal presente, dalle vittime che ogni ora aumentano il conteggio, perché questa pandemia è ancora lontana dall’essere sconfitta.
Occorre andare indietro nel Novecento, al secondo conflitto mondia-le, per reperire un termine di confronto con quello che stiamo vivendo. Ma sarebbe un confronto falso, la guerra rimane guerra, la distruzione dei bombardamenti è una cicatrice ancora visibile in tanti dei nostri luoghi. Il Covid ci sta martoriando, certo, ma vede almeno la razza umana tutta dalla stessa parte, e non fucile contro fucile, fratello contro fratello. La guerra è il precipizio dell’umanità, e se in Europa è un ricordo sempre più scontornato, bastano poche ore d’aereo per vederne gli effetti devastanti.
C’è un dato di comunanza, però, che unisce tutte le esperienze di dolore collettivo. Di fronte alla morte improvvisa, alla malattia inesorabile, istintivamente l’uomo alza gli occhi al cielo. Sperimenta sulla carne dei suoi cari che la salute è importante, fondamentale, ma che da sola non basta, e che quando fallisce il suo obiettivo, quando s’inginocchia di fronte al male, c’è altro che il nostro cuore continua a chiedere, a urlare, pregare. La salvezza di ciò che amiamo.
La radice è la stessa: salus, ma l’orizzonte completamente diverso. La salute punta a tenerci in vita a questo mondo, la salvezza non è da meno, ma ha come termine ultimo la vita oltre questa esperienza, oltre questo mondo. Vita dopo la morte.
In questi frangenti, l’uomo tocca con mano la sua piccolezza, i limiti del suo agire rispetto a ciò che il suo amore desidera. Allora compie il gesto naturale della preghiera, si affida all’Invisibile affinché protegga ciò che se n’è andato dagli occhi. Perché è semplicemente disumano lasciare al nulla ciò che abbiamo amato, come fosse la sorgente di tutto, e l’orizzonte ultimo inevitabile. L’amore si ribella al nulla, ora e sempre.
In questo tempo di cresima, c’è un’altra parola, enorme, che inizia a sorgere, come luce dopo il nero della morte. Risurrezione.
Dalla croce a nuova vita. Il desiderio di ogni uomo innamorato che deve congedare ciò che ama.
La speranza di un ricongiungimento, i figli con i padri, le madri, le sorelle con i fratelli. La pratica dell’addio non si addice a noi umani.
E questa pandemia di Covid, queste centomila croci piantate nelle nostre case, stanno lì a ricordarcelo.