Capovolgere la meritocrazia
giovedì 27 febbraio 2025

Merito e meritocrazia sono concetti su cui si scontrano visioni del mondo contrapposte. Le 31 onorificenze al merito conferite ieri dal presidente Mattarella offrono una prospettiva nuova da cui osservare la questione. Senz’altro i criteri seguiti nella scelta dei premiati sono un riferimento molto interessante per una riflessione in materia, così come il discorso introduttivo del Presidente, che ha insistito sull’antinomia tra solitudini e relazioni. Sottolineando come la ricerca del calore e del valore delle relazioni sia la chiave comune delle persone e delle storie premiate, nonché l’antidoto alla solitudine digitale e alla povertà di senso del vivere che colpisce sempre più larghe fasce di popolazione.
Si tratta di un tema toccato più volte su queste colonne, che incrocia l’economia civile e il paradigma personalista di piano B, sottolineando come la fraternità e l’intelligenza relazionale siano il lato corto della nostra civiltà, che dunque necessita di essere rimesso al centro.
In una prospettiva grossolana merito e meritocrazia possono essere ricercati nella scala del successo professionale, delle classifiche di guadagno o della performance scolastica. Ci vuole poco a capire però che il prezzo di mercato è solo incontro tra domanda ed offerta, indice di gusti e scarsità che niente ha a che vedere con merito sociale e morale (altrimenti un’insegnante di scuola elementare non sarebbe pagata così tanto meno di altre professioni che poco aggiungono al bene comune). Il successo economico poi può essere espressione di capacità originali di creazione di valore economico (assolutamente importanti per la società) ma anche al contrario di rendite di posizione.
l merito professionale e scolastico, il successo nella vita, ci ricorda un pensatore liberale come Buchanan, dipende essenzialmente da quattro fattori: ricchezza ereditata dalla nascita, talento, fortuna nelle circostanze di vita, sforzo e impegno. Un altro errore grossolano è confondere talento e merito.
Le caratteristiche dei premiati dal presidente Mattarella indicano una direzione nuova verso la quale risolvere la questione. Tra i premiati una prima categoria è quella di coloro che si distinguono per aver fondato o fatto crescere un’organizzazione che crea valore sociale ed economico, da quelle di volontariato alle imprese sociali, e che si dedica a una causa sociale (dignità in carcere attraverso teatro e lavoro, integrazione dei migranti, sostegno a categorie fragili...). Una seconda molto interessante è quella di cittadini che si sono saputi fare “prossimo” raccogliendo il grido di aiuto di una persona in difficoltà in circostanze di emergenza. Sono i casi di Carlo Pulcino, Adriano Blundo, Antonio Stellato e Domenica Turi, rappresentanti delle forze dell’ordine ma anche di Angela Isaac passata agli onori della cronaca per un video nel quale la vediamo salvare una persona nell’alluvione di Catania. Una terza, ancora più particolare, è fatta da persone che hanno vissuto una tragedia familiare e l’hanno saputa trasformare in una missione di aiuto verso altri. È questo il caso di Marissa Coccato e dei coniugi Giorgio Zancan e Luisa Mondella tutti accomunati dalla tragedia della perdita di un figlio.
La seconda e la terza tipologia ci insegnano alcune cose interessanti. Il modello del buon samaritano dice che in fondo la generatività sociale non è necessariamente una questione di numeri e che aiutare quella singola persona per la quale ti trovi ad essere prossimo e sei l’unico a poter intervenire è in quel momento come salvare il mondo intero. La terza tipologia è un caso ammirevole che potremmo definire di “reciprocità generativa inversa”. Capita spesso nella vita che ricevere un dono generi gratitudine nel beneficiario inducendolo a contraccambiare (reciprocità diretta), o che comunque la memoria del dono ricevuto (è un dono anche il nostro esser nati) ci spinga a riproporre quello stesso schema donativo verso terzi (reciprocità indiretta). Ma saper trasformare il “dono negativo” di una tragedia in qualcosa di socialmente generativo è assolutamente lodevole e meritevole e non così infrequente. In una società caratterizzata da un’adolescenziale ricerca della libertà individuale senza limiti saper trasformare i limiti (che comunque ci sono) in opportunità è una virtù straordinaria del cui esempio abbiamo tutti bisogno.
I premi della presidenza della Repubblica rappresentano dunque una vera e propria contro-teoria della meritocrazia. I premiati non sono le persone con il quoziente d’intelligenza più elevato, quelle di maggior successo o chi ha avuto i migliori voti a scuola. Sono piuttosto cittadini che hanno dimostrato generatività sociale non necessariamente a partire da grandi talenti o perché beneficiate dalla lotteria della nascita ma addirittura sapendo trasformare le sventure in circostanze favorevoli.

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