martedì 4 febbraio 2014
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​Il fantasma di Parigi. La «Manif pour tous», che un anno dopo torna a portare nelle piazze della capitale e di Lione una folla calcolata attorno al mezzo milione, a sentire e leggere la gran parte dei cronisti e dei commentatori resta un mistero nebuloso. Definiti dall’uno o dall’altro «tradizionalisti», «ultra-conservatori», «indignati di destra», o dai più raffinati «tea-party francesi» – citazione dell’ala repubblicana Usa più radicale –, in realtà i manifestanti sembrano essere sempre un’altra cosa. Per capire chi e cosa siano, più che lo sguardo di un sociologo serve quello di un paio d’occhi ben aperti, e privi di pregiudizi. Tra gli Champs Élysees e la Tour Eiffel domenica ci sembra che sia semplicemente riemersa la Francia quotidiana, quella delle famiglie, dei giovani, dei bambini, delle generazioni che si trasmettono il testimone della vita, un Paese comune che non può diventare "ideologia" perché scende in strada per narrare se stesso, la sua più assoluta e persino ovvia normalità. È questo intento anti-ideologico che sembra sfuggire a chi invece vorrebbe veder combattere due visioni antitetiche del mondo, della vita e dell’uomo, pregustando il clangore degli argomenti polemici. Ma le famiglie che mostrano se stesse passeggiando a migliaia tutte insieme lungo la Senna sembrano opporre solo la forza implacabile della realtà all’ideologia, questa sì, del gender, che si sforza di far tacere quanti vedono ancora il valore delle differenze là dove altri vorrebbero imporre l’uniformità a norma di legge. E le targhe affibbiate ai manifestanti francesi sembrano il goffo tentativo di liquidare con categorie spregiative un fenomeno che parla alla coscienza e alla libertà di tutti. Persa di vista sotto la crosta di un racconto della società e della gente vera sempre più artefatto – dai media, dai partiti, dalle lobby –, la realtà si riprende la scena e chiede di essere riconosciuta da chi si adopera per negarla. Il fatto poi che il fenomeno torni a palesarsi un anno dopo l’aspro confronto sull’estensione del matrimonio alle coppie dello stesso sesso, e con numeri sempre imponenti, rende la questione ancor più misteriosa, o interessante, secondo i punti di vista. Un fiume in piena che non si prosciuga e trova, anzi, nuovi argomenti, protagonisti e amici in tutta Europa manda alla società un messaggio che attende di essere decifrato, anche in un Paese come il nostro sempre più vulnerabile agli argomenti di chi nega persino l’esistenza di una natura umana condivisa, elementare e certa. Ma con la realtà non si gioca, e non si bara. Sembra averlo capito anche il presidente francese Hollande, che ieri sera ha fermato l’iter dell’annunciata riforma "finale", quello del diritto di famiglia, prevista per aprile e ora posposta sine die. Meglio così, visto che sinora, non pago di aver imposto le cosiddette «nozze gay» a colpi di maggioranza parlamentare, e malgrado una buona metà del Paese contraria e un’altra parte perplessa, aveva insistito con la sua agenda di rivoluzioni etiche che manipolano la vita e la famiglia. In pochi mesi la Francia ha infatti dovuto digerire iniziative che vanno dall’introduzione del «diritto d’aborto» al progetto di legge sulla «morte con dignità», che è poi l’eutanasia tradotta in neolingua di orwelliana memoria, fino alla ri-educazione antidiscriminatoria di insegnanti e alunni in pieno svolgimento, che sta tracimando nelle scuole italiane con i primi passi della «Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere». Senza curarsi del crollo di consensi che affligge l’attuale inquilino dell’Eliseo, e alla vigilia del voto europeo, anche il Parlamento di Strasburgo procede a tappe forzate nel tentativo di riscrittura giuridica della famiglia e della generazione umana, proponendo una dopo l’altra risoluzioni che raccomandano l’introduzione dei "nuovi diritti" Lgbt in tutta Europa. Dopo la risoluzione Estrela «sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi», affondata due volte contro ogni pronostico, gli eurodeputati ci riprovano oggi col testo Lunacek «sulla tabella di marcia Ue contro l’omofobia e la discriminazione legata all’orientamento sessuale e all’identità di genere». Un lavorìo degno di cause più urgenti.La cortina fumogena diffusa da queste iniziative rende alla lunga scomodo e perciò invisibile – e indecifrabile – il popolo che si mette in marcia per riportare con i piedi per terra il discorso pubblico su ciò che è più caro all’uomo, al di fuori di ogni retorica. Un impegno "per" tutti e mai "contro" qualcuno, che legava domenica i boulevards francesi con piazza San Pietro, dove il Papa chiedeva di «amare e servire la vita» sempre, «dal grembo materno fino alla sua fine su questa terra». Tra Parigi e Roma un solo bagno di realtà, che sarebbe saggio non snobbare.
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