Caro direttore, fare memoria di Giovanni Bianchi a cinque anni dalla sua scomparsa significa in primo luogo riflettere sul suo lascito intellettuale, che eccede i confini delle Acli per quanto in esse abbia trovato il primo spazio della sua intuizione e applicazione. Per questo le Acli nazionali, lombarde e milanesi gli hanno voluto dedicare il mese scorso a Milano un convegno molto partecipato, e rinnovano alla moglie Silvia e al figlio Davide la loro simpatia e il loro affetto in questi giorni di dolorosa memoria.
Quattro sono le piste fondanti che derivano dal pensiero di Bianchi, e che ancora oggi chiedono di essere incarnate: la prima è la necessità di fondare spiritualmente l’azione sociale e politica, mettendo al centro la Parola evangelica e coloro a cui è in prima istanza è rivolta, ossia i piccoli e i poveri, che sono il soggetto di ogni possibile cambiamento sociale.
La seconda è un nuovo approccio ai problemi del lavoro, che prenda irreversibilmente atto del superamento del modello fordista e che sappia leggere le nuove forme del lavoro cogliendone il potenziale innovativo e di trasformazione sociale mirando in pari tempo ad allargare lo spazio dei diritti e delle responsabilità personali della lavoratrice e del lavoratore di fronte alle nuove forme di sfruttamento.
La terza è un nuovo approccio ai problemi della pace e della guerra: Bianchi visse la fase della crisi internazionale del sistema bipolare con il crollo delle dittature comuniste, ma attraversò anche quella dei nuovi conflitti, affrontando da presidente nazionale delle Acli la prima guerra del Golfo e la guerra civile nell’ex Jugoslavia come espressione dei nuovi rischi in un mondo che faticava a gestire la multipolarità, e in cui i movimenti popolari nonviolenti cercavano di trovare le forme di una risoluzione dei conflitti che non passasse attraverso i canali tradizionali della risposta diplomatica e militare.
La quarta è l’intuizione della “nuova politicità del civile”, del Terzo settore, delle forze sociali, che sono portatrici di una domanda politica anche senza partecipare alla vita istituzionale: un’intuizione che Bianchi aveva avuto riscoprendo il pensiero popolare di Luigi Sturzo come base di una nuova forma di ispirazione cristiana in politica, e che lo portò a impegnarsi e a impegnare le Acli nel processo di riforma elettorale e costituzionale. La potenzialità riformatrice di queste intuizioni di Bianchi è ancora largamente inespressa, e costituisce la sua eredità migliore, quella che le Acli intendono far crescere e fruttare.
Emiliano Manfredonia è presidente nazionale delle Acli