Caro direttore,
l’idea che il bando sui beni confiscati alla mafia abbia «messo da parte» il Terzo settore è del tutto infondata: al contrario, il bando sostiene la partecipazione di queste realtà sia in fase di programmazione sia di gestione attraverso diverse categorie di punteggi di premialità. È attribuito un punteggio specifico ai progetti dei Comuni che abbiano già affidato il bene al «partenariato istituzionale, economico e sociale e le organizzazioni del territorio». E sono riconosciute speciali premialità a destinazioni d’uso che di solito si accompagnano alla vocazione e alle tradizionali aree di intervento del Terzo Settore, primi tra tutti centri antiviolenza e asili nido, ma anche ogni proposta di «chiara rilevanza rispetto alla qualità della vita, allo sviluppo sostenibile e alla nondiscriminazione». Questi orientamenti non nascono per caso. La «regola Pnrr» che giustamente viene citata da 'Avvenire', quella che lega i beni requisiti ai clan alla necessità di potenziare il contributo del Terzo settore, l’ho voluta mettere nero su bianco proprio perché giudico la rete del Non profit una fondamentale risorsa della nostra società, e in particolare della società meridionale. Sarebbe stato davvero surreale tradire quella regola dopo averla scritta.
Nella messa a punto del bando sui beni confiscati abbiamo scelto di individuare i Comuni come soggetti proponenti dei progetti perché questo ci aiuta a velocizzare ogni iter burocratico, evitando i numerosi passaggi richiesti quando i bandi sono aperti a enti non-pubblici (dalle certificazioni antimafia alle norme Ue sugli aiuti di Stato): questo tipo di processo, con le sue lungaggini, sarebbe stato incompatibile con le scadenze del Piano di Ripresa, che impone di realizzare ogni singola opera nei prossimi cinque anni. E tuttavia, proprio a tutela di soggetti non-pubblici altamente qualificati come quelli del Terzo settore, abbiamo proposto un bando che incoraggia gli enti locali a 'tenere insieme' la pianificazione materiale della ristrutturazione del bene con l’affidamento della sua gestione, come è chiaro dalla formulazione delle schede di presentazione dei progetti.
Non è la sola opportunità che il Pnrr apre al fondamentale impegno degli enti di Terzo settore nel sociale. Ne cito solo un’altra, l’azione a contrasto della povertà educativa, a cui destiniamo 220 milioni. L’Agenzia per la Coesione territoriale è impegnata per la predisposizione dei bandi pubblici: avranno cadenza annuale e saranno rivolti a partenariati pubblico-privati composti da almeno due enti del Terzo settore. Una prima iniziativa pilota è già in corso, con un bando chiuso a marzo 2021, che ha visto la partecipazione di 2.348 organizzazioni del Terzo Settore e per il quale nei prossimi giorni sarà pubblicata la graduatoria. Infine, come ministra del Sud, sto affrontando con una grande consultazione pubblica la programmazione del ciclo 2021-2027 del Fondo di sviluppo e coesione: nell’evento che ho organizzato per il 9 e 10 dicembre con la partecipazione del ministro Franco, i presidenti di Regione, Anci, Upi, università ed esperti, il Terzo settore sarà presente e protagonista ai tavoli per dare il suo indispensabile contributo. In conclusione, ci tengo a ribadire qui il mio impegno: il Terzo settore è stato fondamentale durante le fasi più acute della crisi socio-sanitaria dovuta al Covid, e merita di esserlo ancora di più oggi, nella stagione della ripartenza. Dove non arriva il Pnrr – che come è noto paga le opere, ma non la loro gestione – dovrà arrivare la legge di Bilancio: proprio nel capitolo dei Beni confiscati, ad esempio, stiamo lavorando per inserire finanziamenti per l’avviamento dei progetti promossi dal bando. E ovunque ci sia una segnalazione, una proposta, un miglioramento da suggerire, i miei uffici e io personalmente siamo a disposizione. Questa occasione per una società più equa e più amica delle persone non deve essere persa.
Ministra per il Sud e la Coesione territoriale
Ringrazio la gentile ministra Carfagna per la chiara e rassicurante promessa di pieno coinvolgimento del Non profit 'in seconda battuta' nella gestione degli immobili confiscati alle mafie. E prendo atto della sua convinzione che, in prima battuta, fosse saggio rivolgersi esclusivamente agli Enti locali per 'chiudere la partita' entro dicembre 2021. Purtroppo, però, la denuncia-appello degli Enti di Terzo settore «del tutto infondata» non sembra, visto e considerato che – come ha spiegato ieri su queste pagine il presidente della Fondazione con il Sud, Carlo Borgomeo – larga parte dei 300 milioni del primo avviso pubblico per i beni confiscati va alla ristrutturazione degli immobili (e non ai progetti degli Enti del Terzo settore che danno vita a quegli immobili), con il serio rischio che si ripeta quanto già accaduto con i Pon sicurezza del Ministero dell’Interno. E cioè che i beni confiscati vengano ristrutturati dai Comuni, ma poi la struttura resti vuota, inanimata e si deteriori. Per questo l’impegno della ministra è importante e saremo lieti di dar conto della sua efficace attuazione.
Marco Tarquinio