La città inclusiva cresce grazie alle differenze culturali - Ansa
La bellezza non è solo nell’occhio di chi guarda, ma anche nella cultura che la ospita. Ma, se le culture sono differenti e differenti sono le idee di bellezza, come farle comunicare? Come condividere i sensi della bellezza per recuperarne l’unità profonda? Intorno a queste domande hanno ruotato una serie di iniziative ospitate dal Mudec (Museo delle culture) di Milano e nate dalla collaborazione di tre partner. Dal 2016 il progetto di ricerca e di intervento Migrations | Mediations dell’Università Cattolica del Sacro Cuore si interroga sul ruolo della comunicazione, dei media e delle arti nella gestione dei processi migratori e del dialogo interculturale. Il progetto, che fa capo al Dipartimento di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo, ha fatto da punto di connessione di due altri soggetti.
Da un lato, è nata la collaborazione con il MUDEC - Museo delle Culture e l’Ufficio Reti e Cooperazione culturale del Comune di Milano, anch’essi impegnati da anni nella creazione di progetti finalizzati al dialogo transnazionale, con l’obiettivo di aprire alcuni tavoli di confronto con personalità provenienti dal mondo della cultura, dei media, dell’attivismo politico e della ricerca sociale. I n particolare, la cornice entro la quale si è mosso il nuovo gruppo di lavoro è 'Milano Città Mondo', il palinsesto di eventi culturali, ricerche e seminari che, a cadenza annuale, dal 2015 coinvolge in modo attivo le diverse comunità che vivono a Milano, documentandone in vari modi la storia e le modalità di presenza e cittadinanza.
Risalire dalle bellezze alla bellezza richiede soprattutto
L’edizione corrente MCM#7 Identità globali. Nuovi archetipi di cittadinanza si focalizza sulle esperienze dei giovani con background migratorio allestendo percorsi che, attraverso l’impiego di molteplici forme espressive e mediali, mettono in gioco temi come il rapporto intergenerazionale, la percezione di sé come soggetto razzializzato, il diritto di cittadinanza. Temi reinterpretati da Migrations | Mediations a partire dalle molteplici opportunità di operare con il linguaggio – tra dialogo e forme implicite di razzismo, con le immagini (arte, fotografia, audiovisivo, social media) – tra le retoriche del mainstream e le nuove rappresentazioni elaborate da voci emergenti, con il teatro e la fe- sta – tra la cultura dei corpi e l’archivio dei gesti, e infine con le politiche di inclusione nell’industria creativa.
Dall’altro lato, le attività di progettazione di Migrations | Mediations hanno trovato un nuovo stimolo grazie alla riflessione generata dalla partnership dell’Università Cattolica con New European Bauhaus, il grande progetto della Commissione Europea a favore della diffusione della Bellezza, della Sostenibilità e dell’Inclusione come valori connessi e condivisi nei Paesi dell’Unione. Come infatti l’esplorazione delle diverse esperienze creative ha dimostrato, le arti e i media definiscono oggi un campo di incontro vivo, dinamico e in costante trasformazione, perché al suo interno si muovono sguardi capaci di attestare la diversità tanto sul piano degli impulsi ideativi, quanto su quello delle attitudini a interpretare il mondo cosmopolita in cui siamo immersi.
Dunque, il modo attraverso il quale Migrations | Mediations ha cercato di appropriarsi e leggere la proposta #NEBBuildsCommunityAesthetics è stato ispirato dal pensiero di Arjun Appadurai ('The Right to participate in the Work of Imagination', 2002) sul lavoro dell’immaginazione, vale a dire la facoltà – da riconoscere a ogni individuo – di modificare non solo simbolicamente, ma anche materialmente la realtà in cui viviamo con interventi creativi.
Dalla collaborazione di questi tre soggetti sono nate dunque tre iniziative. La prima, The political body / Corps citoyen (11-12 giugno 2022), è stato un laboratorio performativo, ideato e curato da Anna Luna Serlenga insieme a Milano Mediterranea, un centro d’arte partecipata post-coloniale. Durante due giornate i partecipanti, nativi italiani e di origine straniera, hanno lavorato alla creazione del corpo politico collettivo e alla decostruzione, in chiave ironica, degli stereotipi etnoculturali imposti dalla società ai soggetti con background migratorio, ricorrendo ad alcuni dispositivi della performance.
Il secondo progetto è stato Per un’Italia diversa (14 giugno 2022) curato da Jada Bai, docente di lingua cinese e mediatrice culturale. Esso si è strutturato in una serie di speech ispirazionali dedicati ai temi della rappresentazione e della discriminazione nel mondo della cultura e delle arti, nonché a una riflessione sui percorsi lavorativi e l’accesso al mondo dell’industria creativa italiana per i professionisti con background migratorio. Senza rinunciare ad assumere uno sguardo corale, le relazioni di Susanna Yu Bai, (filmmaker e fotografa), Charity Dago (talent manager), Sumaya Abdel Qader (scrittrice, sociologa e autrice di serie tv), Noura Tafeche (artista e ricercatrice indipendente), Nalini Vidoolah Mootoosamy (drammaturga) e Daniele 'Diamante' Vitrone (rapper e autore) hanno denunciato la tendenza, sempre più imperante nel mondo dell’arte, dello spettacolo, della musica e dell’audiovisivo, a sfruttare la diversità solo in senso formale, senza attivare un effettivo cambiamento di mentalità.
Infine il gruppo di lavoro ha individuato una terza azione ancora in fieri, tesa alla sostenibilità nel tempo delle idee maturate in questi sei anni: l’open call Album di famiglia / Immagini di casa, il cui obiettivo è quello di ricostruire, attraverso gli archivi privati, la storia visiva di singoli, famiglie e comunità che da generazioni vivono nella città di Milano, contribuendo ad arricchire con il loro sguardo unico la rappresentazione della città e delle relazioni sociali che la nutrono. Se dunque, come questi anni di esperienze condivise ci hanno insegnato, la più importante sfida per la convivenza e la trasformazione sociale resta il lavoro sull’immaginazione personale e collettiva, allora forse possiamo andare al cuore delle relazioni umane recuperando qualche immagine privata da cui si possono sprigionare processi di identificazione e avvicinamento/ prossimità tra soggetti appartenenti a comunità differenti sulla base di un linguaggio che tutti parliamo nella nostra quotidianità, il linguaggio degli affetti e delle emozioni. Per un’idea di inclusione che si fondi sul comune valore della casa e del legame con le proprie radici, ovunque esse siano.
La condivisione della bellezza dunque non è un compito facile: risalire dalle bellezze alla bellezza richiede non contemplazioni astratte, ma azioni situate e politiche definite. Se la bellezza è solo un volto della nostra esperienza, è il nostro passato e il nostro presente che va confrontato con chi ci appare 'altro'. Un compito tanto difficile quanto urgente.