Gentile direttore,
non sono un’economista, ma mi permetto di scriverle alcune osservazioni. Chi ci rappresenta e ci governa guadagna tanto – per giusti meriti, non discuto – ma a furia di non avere pensieri dal punto di vista economico non possono senz’altro avere sentore di quella che è la vita dei comuni mortali che hanno un reddito mensile dai 1.000 ai 2.000 euro. A volte il doppio lavoro tanto vituperato è un segno di onestà e di dignità. Può essere semplicemente un tentativo di non pesare sui servizi sociali e cercare di sbarcare il lunario con le proprie forze. Le faccio un esempio: un mio conoscente, professore di ruolo ha 5 figli. Come potrebbe fare a mantenerli un po’ al di sopra alla soglia di povertà, mandare all’università i più grandi, comprare gli apparecchi dentali ai più piccoli, ecc.. se non avesse un doppio lavoro?
Eppure, se la Guardia di Finanza lo trovasse, finirebbe sui giornali come se fosse un ladro. Ma che cosa fa o ha fatto lo Stato in tanti anni di promesse per le famiglie numerose? Un’altra osservazione: esistono commercianti che fanno fatica a sopravvivere, basta vedere quante botteghe sono ormai vuote nelle città e nei piccoli paesi. Se i guadagni fossero floridi, ci sarebbero ancora le vie rallegrate da tante vetrine accese, piuttosto che tristi saracinesche abbassate e noi torneremmo ad avere i servizi sotto casa. Voglio dire: ci sarà chi approfitta, ma c’è anche chi cerca di sopravvivere quando non batte lo scontrino fiscale perché deve pagare le fatture, l’affitto, la luce, il riscaldamento. Tutte spese fisse e in aumento, mentre i clienti e le entrate diminuiscono sempre più per la crisi e per la politica che da anni appoggia la grande distribuzione e quindi i grandi capitali. A ogni negozio chiuso c’è una famiglia o due che entra nel numero dei disoccupati senza nessun ammortizzatore sociale. Ma questo non fa notizia. Comunque questa è la mia esperienza: nella mia zona i commercianti rilasciano sempre lo scontrino, a eccezione di qualche venditore del mercato rionale. La grande evasione invece la vedo negli artigiani, ma qui siamo colpevoli anche noi che, a fronte di cifre elevate che ci vengono presentate nel conto, non sopportiamo l’aggiunta del peso dell’Iva che incide non poco e allora accettiamo lavori senza fattura. Parlo di muratori, imbianchini, tappezzieri, idraulici, elettricisti, giardinieri... Sarebbe utile studiare, almeno per un periodo, il modo di scaricare l’Iva.
Emergerebbe un sommerso che non potrebbe in seguito essere negato. La saluto caramente e la ringrazio per il suo impegno. Auguri di Buona Pasqua.
Marialuisa Rosi, San Giorgio su Legnano (Mi)
Nella sua lettera, gentile signora Rosi, ha fatto un efficace riassunto di questioni che continuiamo ad affrontare nelle nostre pagine e, più volte, anche in questo spazio di dialogo coi lettori. Stavolta, lei insiste soprattutto su quella che io chiamo l’«evasione senza allegria». La piccola evasione di coloro che faticano terribilmente a far quadrare i conti. Le sue conclusioni, che richiamano la nostra lunga battaglia per un fisco amico della famiglia e capace di “premiare gli onesti”, sono estremamente sensate.
Continuo a sperare anch’io che chi ci governa e ci rappresenta sia capace di condividerle e di dare loro un seguito finalmente giusto e concreto. Anche ieri abbiamo dedicato a importanti aspetti della problema tasse (e agevolazioni) il nostro editoriale di prima pagina firmato da Massimo Calvi. La riforma fiscale, strettamente intrecciata a quella del lavoro, rappresenta davvero uno dei passaggi obbligati per rimettere in moto la macchina del Paese e riaccendere la fiducia delle famiglie.