mercoledì 21 dicembre 2011
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Caro direttore,
l’attuale momento politico «… può essere anche una stagione di risanamento della politica, in cui finalmente le forze politiche rifondino e ripensino se stesse» (Andrea Riccardi, citato su Avvenire del 14 dicembre 2011). A tale scopo mi sembra utile meditare le razionali e ragionevoli considerazioni di Francesco D’Agostino sui comportamenti del politico cattolico e la difesa dei valori non negoziabili (Avvenire, 23 novembre 2011). Quanto ai comportamenti D’Agostino sostiene giustamente che il politico cattolico: si assume sempre le sue responsabilità davanti Dio e agli uomini; considera la politica come servizio per il bene comune senza conflitti di interessi personali; rispetta il principio di democrazia e laicità senza cedere all’autoritarismo; ascolta le legittime richieste della Chiesa compatibili con il bene comune; rispetta fedelmente la Costituzione senza ritenerla un testo 'sacro'. In merito ai 'valori non negoziabili' il professore sottolinea che essi non debbono dividere credenti e laici, data la loro valenza universale, anche se sono legittime le divergenze di opinioni su come difenderli in concreto. Tutta questa premessa era necessaria per sottoporle, caro direttore, la seguente domanda: se le considerazioni di D’Agostino sono valide, perché politici cattolici e membri della Chiesa ritengono che tutta la buona politica si riduce alla difesa dei valori non negoziabili, magari programmata ma non realizzata con atti concreti? E i principi e i comportamenti richiamati da D’Agostino sono anch’essi non negoziabili?
Luigi Palladino San Donato Milanese
 
Negli anni passati, caro signor Palladino, ho registrato accuratamente voci di politici (di diverso orientamento) capaci di 'declamare' in modo assai pieno e, nel concreto, di 'declinare' in modo estremamente scarso (o addirittura nullo) solenni affermazioni di principio e specifiche proposte programmatiche. Un paio di esempi? L’introduzione anche in Italia, come in altri grandi Paesi europei, di un fisco strutturalmente amico della famiglia con figli e la realizzazione della libertà educativa dei genitori attraverso il riconoscimento effettivo e ben calibrato di quel «trattamento scolastico equipollente» per gli alunni delle scuole non statali che la Costituzione richiama all’articolo 33. Ma mai – e non penso proprio di essermi distratto... – mi sono trovato a registrare voci di autorevoli «membri della Chiesa» che proponessero o reclamassero una adesione astratta e addirittura meramente tattica ai «valori non negoziabili». Che non sono duecentomila e neanche duecento, ma pochi e ben definiti: vita umana, famiglia e libertà di credere, pensare ed educare. La loro «non negoziabilità», pur in un mondo che fa mercato di tutto, è dovuta al fatto che costituiscono razionalmente la base, il saldo fondamento, di una comunità umana e della sua etica sociale. A mio avviso, infine, non è affatto necessario applicare la categoria di «non negoziabile» anche ai comportamenti personali di coloro che da cattolici assumono un servizio politico. Non inflazioniamo un concetto così prezioso. Basta dire che quei comportamenti, secondo le coordinate efficacemente tratteggiate da Francesco D’Agostino nell’editoriale da lei richiamato, sono regolati da un assolutamente impegnativo e rigoroso dovere di coerenza. Mi pare più che abbastanza...
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