Gentile direttore,
tra qualche giorno, domenica 16 maggio, celebriamo la 55esima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Il campo delle comunicazioni sociali viene ancora oggi relegato, in alcuni casi, a un ruolo di secondo piano come se la Chiesa dovesse occuparsi solo della liturgia, della catechesi o della carità, mentre la comunicazione è considerata un semplice “mezzo” di cui qualcuno si fa carico più per passione personale che per una effettiva considerazione teologica e pastorale. Cosa pensa al riguardo?
Giuseppe Simeone
E che cosa vuole che ne pensi un giornalista, caro avvocato Simeone? Ma la realtà, al di là delle battute, è che nella vita della Chiesa “tutto si tiene”. Non saprei immaginare una comunità credente che non s’incontra e non celebra, che non fa memoria e non trasmette il tesoro della fede, che non compie le opere che quella fede rendono viva e che non annuncia e neppure legge i “segni dei tempi”. Cioè che non comunica e non dialoga, anche attraverso attività mediatiche e informative capaci di parlare a tutti e con tutti di tutto. Penso, insomma, che quando i cristiani perdono, per disinteresse o sottovalutazione, anche solo una di queste dimensioni e di questi impegni davanti a Dio e nella più vasta comunità umana perdono il senso della sequela Christi. Una buona comunicazione e un’informazione ben fatta non sono un lusso superfluo