Alla scuola non basta un rimpasto governativo
sabato 28 dicembre 2019

Caro direttore,

le dimissioni del ministro Fioramonti rappresentano l’ennesima cartina di tornasole sulla incapacità delle istituzioni e della classe politica di saper affrontare, con il giusto senso di responsabilità, i problemi del nostro Paese. Lei ha ragione, direttore, quando parla delle Scuola come di una «seria priorità» e sottolinea come la Manovra, appena approvata dal Parlamento, non sia la strada più adatta per avviare un nuovo corso per il mondo dell’istruzione.

Proprio per questo non abbiamo bisogno di gesti eclatanti che in realtà aggravano i problemi invece di affrontarli e risolverli. Buttare il cappello in aria, seppur dopo aver denunciato con un bella lettera i limiti evidenti dell’azione di questo Governo, non è la strada giusta che serve al mondo scolastico.

È piuttosto la certificazione di un fallimento, l’assenza di una strategia che andava costruita in questi mesi insieme ai lavoratori e ai sindacati sugli obiettivi e sulle scelte che bisogna compiere perché la nostra Scuola, l’Università e la Ricerca siano sempre al livello degli altri Paesi europei. Ecco perché speriamo davvero che queste dimissioni non siano solo l’ennesimo giro di poltrone tra i partiti, ma servano ad aprire finalmente un discussione vera sulle condizioni in cui versa il nostro sistema scolastico.

Bisognerebbe affrontare i problemi di centinaia di migliaia di insegnanti che fanno eroicamente ogni giorno il loro lavoro, dei tanti, troppi, precari presenti nelle nostre scuole, nei settori della ricerca e nelle università.

La Scuola italiana è oggi lo specchio della perenne emergenza nel nostro Paese, con edifici pubblici che cadono a pezzi, senza palestre, laboratori didattici, strumenti digitali, dove manca persino la carta igienica e dove i lavoratori fanno il loro dovere con grandi sacrifici e senso di responsabilità, supplendo alla latitanza delle istituzioni, ai ritardi e alle omissioni della classe politica. Sono anni che la Cisl denuncia questa situazione incresciosa.

Non è il 'regionalismo spinto' la ricetta che oggi può ridare centralità e quella necessaria unità al Sistema scolastico italiano. Ci vogliono scelte forti di investimento, selezionare più attentamente la spesa, intervenire sui forti squilibri a livello sociale e territoriale che determinano l’abbandono scolastico, le diseguaglianze, la disparità negli esiti formativi. E questo significa anche sostenere la professionalità dei docenti, stanziare le risorse adeguate per rinnovare il contratto, con una complessiva rivalutazione economica del lavoro in tutti i settori della conoscenza.

Ci sono accordi e intese che attendono di trovare piena e coerente attuazione sulla stabilizzazione dei precari, definire a regime un sistema di formazione e di abilitazione degli insegnanti. Bisogna investire sulla alternanza scuolalavoro, costruire una vera sinergia tra formazione, imprese, territorio. Di questo bisognerebbe parlare oggi e non solo di rimpasto nel Governo. Si deve riconoscere il fallimento delle riforme scolastiche calate dall’alto, con quella presunzione di autosufficienza della politica, fatta di misure spesso improvvisate, per soddisfare smanie di protagonismo, col risultato di esporre il sistema di istruzione e formazione al 'fa-e-disfa' delle diverse stagioni politiche.

La Scuola è un bene comune che appartiene all’intero Paese, non alle maggioranze che pro tempore lo governano. Da troppo tempo questa consapevolezza sembra essersi persa. Saranno trenta, l’anno prossimo 2020, gli anni che ci separano dall’ultimo grande momento di generale e complessiva riflessione in materia di istruzione, quella Conferenza nazionale sulla Scuola tenutasi quando a ricoprire la carica di ministro era Sergio Mattarella, attuale presidente della Repubblica. La politica di oggi ne faccia memoria, ma soprattutto ne segua l’esempio: apriamo un confronto vero, costruttivo, per riportare sulla scuola la giusta attenzione come premessa per un impegno serio e concreto.

* Segretaria generale Cisl

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