Gentile direttore, intervengo volentieri sullo scambio d’opinioni sulla parola badante. Ho 86 anni e altrettanti ne ha mia moglie, che è ormai invalida perché ha una forte osteoporosi, si è rotta due volte il femore, quattro volte un braccio, e inoltre ha subito un grave distacco della retina, un sezionamento dello stomaco per asportare un tumore, e ha anche una forte diminuzione dell’udito e diverse altre patologie minori. Non si lamenta perché dice che a lamentarsi non starebbe meglio. Talvolta ricorda le parole di Isaia, là dove dice che i ciechi vedranno, i sordi udranno e gli zoppi salteranno come cervi, e si domanda se sarà proprio vero, e per quanto tempo dovrà attendere ancora. Per quanto mi riguarda sto tuttora abbastanza bene (o per dir meglio: acciaccatamente bene) e ancora non mi mancano le forze. Ora, dopo ben 66 anni di felice e travagliato amore coniugale, che dovrei fare? Cercare una badante che l’accudisca? Me ne guardo bene, ho lasciato tutte le altre attività per dedicarmi totalmente a lei. Così mi domando se ho inventato un nuovo mestiere: faccio il badamante. E ringrazio il cielo di poterlo fare, perché con la mia sposa stiamo così bene insieme che mi sembra il più bel mestiere del mondo.
Antonio Thellung Roma - www.antoniothellung.it
Gentile e caro Maestro, penso a lei, uomo d’arte e di pensiero, a sua moglie e «a tutte le altre attività» che a oltre 80 anni ha deciso di lasciare per amore, cioè per starle accanto. E m’inchino con allegria e ammirazione. Così anche davanti al suo giocoso ed efficacissimo neologismo: badamante. Vi auguro di vivere ancora e sempre insieme un’attesa intensa e il più possibile felice del compimento della profezia di Isaia.