martedì 7 settembre 2021
Il preside, anche lui sordocieco, è riuscito a riaprire dopo due settimane di sospensione. Ma sono arrivati i taleban per dire che le ragazze sopra i 12 anni devono restare a casa
La scuola per sordi ha riaperto, ma le ragazze non possono più andarci

Una buona notizia e una cattiva. Arrivano da Kabul grazie a Silvia Redigolo, responsabile comunicazione di Pangea, la onlus che è attiva in Afghanistan dal 2003, e pur avendo evacuato tutto il suo personale nelle ultime settimane, tuttavia non ha smesso di essere operativa, al fianco soprattutto delle donne e delle persone con disabilità. Va ricordato che nelle settimane scorse per le donne di Kabul e le loro famiglie era stato inventato sempre da Pangea onlus un lasciapassare, o meglio un segno di riconoscimento che permettesse la loro identificazione immediata da parte dei militari italiani all'entrata dell'aeroporto di Kabul, prima dei controlli più approfonditi. Ed è per questo motivo che le donne afghane di Pangea Onlus avevano una P sul palmo della mano: una "P" che si è trasformata in una via d'uscita verso la salvezza, verso una nuova vita.

Tornando a oggi la notizia buona è che «la scuola per sordi di Kabul (gestita dall'Afghanistan National Association of the Deaf, l'associazione nazionale afghana dei sordi e sostenuta da Pangea) ha riaperto sabato, dopo la chiusura di due settimane avvenuta con l'avvicinarsi e poi l'arrivo dei talebani - ha spiegato Redigolo di Pangea onlus -. E ha riaperto grazie all'impegno, alla tenacia e al coraggio del preside, un uomo afghano sordocieco che è come un padre per i suoi studenti. E che smentisce, con la sua persona, lo stereotipo per cui tutti gli uomini afghani siano brutti e cattivi».

La brutta notizia, però, è che «questa mattina i talebani hanno bussato alla porta della scuola e hanno detto che le ragazze sopra i 12 anni non potranno più frequentarla. Un colpo basso e doloroso per noi, che abbiamo inserito tante ragazze anche nei corsi di formazione professionale e all'università e che ora ci troviamo a dover rinunciare a questo pezzo importantissimo del nostro lavoro».

Anche la riapertura non era stata incondizionata: «I taleban avevano dettato l'obbligo di dividere i maschi dalle femmine: avevamo così dovuto rinunciare alle classi miste, che per noi sono un valore enorme. E abbiamo dovuto anche interrompere le attività delle calciatrici di Kabul. Ora, questo nuovo obbligo. Speriamo che non tornino nei prossimi giorni a dirci che anche le bambine tra i 3 e i 12 anni debbano rimanere a casa».
Insomma, «si naviga a vista e con grande preoccupazione, mentre qualcuno, anche tra i giornalisti, prova a raccontare questi talebani come moderati, perfino educati. Noi, tutte le libertà che predicano, proprio non le vediamo: vediamo invece come tengano sotto controllo gli operatori umanitari. Anche alcune insegnanti della nostra scuola sono dovute scappare, al loro arrivo».

Ma torniamo alla buona notizia: la scuola è aperta e si spera che continuerà a funzionare, portando avanti «quell'attività che è preziosissima per i ragazzi e le ragazze disabili, che in Afghanistan sono i più emarginati tra gli emarginati». La paura c'è, ma non tanta da far fermare studenti e insegnanti: «Sono tutti molto motivati: i ragazzi e le ragazze sono tornati a scuola non appena ha riaperto e forse proprio questo ha dato fastidio ai talebani: vedere che anche le ragazze entravano in classe. Anche gli insegnanti ci sono, hanno voglia di lavorare e di continuare a farlo. Conosciamo bene la loro motivazione, ne abbiamo avuto prova anche durante il lockdown, quando l'insegnante di cucito e il cuoco sono tornati a scuola, la prima per cucire le mascherine, il secondo per preparare i pasti da distribuire in cortile. Speriamo solo che adesso i talebani non tornino a dettare nuove leggi e nuovi obblighi».

Pangea onlus: ecco chi sono

Dal 2003 la Pangea onlus ha una sede a Kabul gestita da una ventina di afghane, è attiva nel Paese con progetti in difesa dei diritti umani delle donne, microcredito ed empowerment per la loro indipendenza sociale. Il primo progetto avviato a Kabul si chiama Jamila: da 18 anni consente alle donne di frequentare corsi, ricevere assistenza e accedere al programma di microcredito per avviare o incrementare attività lavorative.
Nel tempo l'offerta di Fondazione Pangea onlus si è ampliata, con nell'agosto 2017 la creazione di una Scuola per parrucchiere e la collaborazione con la scuola per sordi in un quartiere periferico di Kabul, Arzan Quemat, nata nel 2004 da un gruppo di giovani donne e uomini sordi e gestita dall'Associazione Nazionale di sordi (ANAD). Insieme Pangea e ANAD hanno creato un nuovo percorso di sviluppo e dato vita a nuove prospettive, come ad esempio far giocare le ragazze a calcio.

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