I reattori della centrale nucleare della regione di Zaporizhzhia. L'impianto è stato occupato dai russi dal marzo 2022 - Ansa
Tutto comincia con la convocazione in un ufficio. Dietro alla scrivania sono in due. L’ignaro designato viene portato nella stanza accanto. Prima per un interrogatorio serrato. Poi per la detenzione illegale. Quindi le percosse, il tentativo di soffocamento, l’elettroshock con un telefono. «Le aggressioni erano talmente forti che ho perso più volte conoscenza. E ho sentito uno degli aguzzini dire all’altro: “Mi raccomando, non ucciderlo”». Il racconto è quello di una tortura, come purtroppo se ne certificano in guerra. Ma la «vittima 26168» è il responsabile della sicurezza della centrale atomica di Zaporizhzhia e il luogo della sua reclusione clandestina l’impianto stesso che dal 4 marzo 2022 è controllato dai russi. Il più grande sito a fissione d’Europa che Mosca ha trasformato in una «prigione nucleare». È il titolo del rapporto presentato a Kiev che ricostruisce oltre un anno di brutali violenze intorno ai sei reattori di cui sono stati oggetto oltre cento lavoratori. Tecnici che avevano l’unica colpa di essere cittadini ucraini e non russi, come chi ha occupato la centrale fin dai primi giorni dell’invasione dell’Ucraina. Undicimila dipendenti in tutto, in gran parte cacciati, di fronte a cui si è spalancato non solo l’abisso della potestà di Putin ma anche quello delle sevizie, dei soprusi, dei maltrattamenti. Con l’obiettivo di piegarli al “nuovo padrone” e avere più informazioni possibili.
A curare il dossier è stata l’Ong ucraina Truth Hounds che in 95 punti ha documentato con interviste, immagini, dichiarazioni «le atrocità commesse dalle forze d’occupazione» e le «gravi violazioni dei diritti umani». Sotto gli occhi del colosso internazionale Rosatom, la compagnia statale russa dell’energia atomica a cui il Cremlino ha affidato in modo arbitrario la gestione dell’impianto. Una centrale che con la sua complicità è diventata «camera di tortura», sintetizza il libro bianco. Nel testo i nomi delle vittime vengono sostituiti dai numeri ma «i dettagli identificativi sono custoditi in un database protetto che potrà essere fornito alle autorità», si specifica. La sintesi delle testimonianze è una galleria degli orrori compiuti da oscure figure infiltrate all’interno della centrale che i dipendenti sostengono essere agenti del Fsb, il servizio segreto russo che ha sostituito il Kgb. Uno dei manutentori è stato rimasto imprigionato 53 giorni vicino alle turbine e durante gli interrogatori gli è stata staccata un’unghia, si legge. Il capo dell’unità operativa che contava 650 addetti è stato «rinchiuso e picchiato per settimane» e alla ong ha confidato che la moglie «stava quasi impazzendo». Fra i primi a finire nel mirino un tecnico della sicurezza. Non appena i militari russi si sono impossessati dell’impianto, il personale «è iniziato a sparire», ha riferito. Lui è stato detenuto nei sotterranei e, quando si è rifiutato di firmare una “confessione”, gli hanno ordinato di scavarsi la fossa e hanno inscenato un’esecuzione fittizia con la pistola puntata alla tempia. Anche la «vittima 26225» ha avuto come cella il polo energetico dove è stato sottoposto a scariche elettriche e ha sentito le urla di un collega talmente barbare che «pensavo fosse stato fatto a pezzi».
Dall’analisi, scrivono i curatori, emerge la responsabilità della società di Mosca che ancora intrattiene relazioni commerciali con 54 Paesi e che non è stata sanzionata in maniera netta. «Non si possono ignorare le prove chiare e verificabili del fatto che Rosatom sia stata pienamente consapevole della portata dei crimini commessi», avverte il rapporto. E aggiunge che «se la Russia sta ricorrendo alla minaccia nucleare per intimidire l’Ucraina», la sua maggiore azienda dell’energia atomica non può continuare a essere un partner mondiale nelle attività sugli «isotopi medici» o l’«idrogeno pulito», come sta avvenendo. Perché a Zaporizhzhia ha violato norme e trattati internazionali.