lunedì 29 luglio 2024
Dubbi di Usa e Ue sui risultati che danno la vittoria al chavismo. Se il governo non riuscirà a convincerli, il voto avrà fallito l'obiettivo: il ritorno di Caracas nei mercati internazionali
Il presidente Maduro esulta per lo scrutinio preliminare

Il presidente Maduro esulta per lo scrutinio preliminare - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Era uno degli scenari possibili. Il più preoccupante. Il Consiglio nazionale elettorale ha assegnato la vittoria a Nicolás Maduro con un margine di circa sette punti sul candidato dell'opposizione, Edmundo González, alle presidenziali di ieri. Con l'80 per cento dei voti scrutinati, l'autorità venezuelana di garanzia delle consultazioni, controllata dal governo, ha definito i risultati "irreversibili". Lo ha fatto, però, senza consegnare la copia delle schede raccolte in ognuno degli oltre 30mila seggi.

Il sistema elettorale di Caracas è stato rafforzato dagli anni Duemila grazie a un accordo tra chavismo e opposizione per rendere il meccanismo difficile da manipolare. L'esito di ogni tessera viene inviato immediatamente al centro di scrutinio in forma digitale mentre le copie cartacee restano a disposizione di eventuali controlli a mo' di garanzia. Buona parte di queste ultime risultano finora non pervenute. Da qui l'accusa di brogli da parte del fronte oppositore che non riconosce l'esito. La comunità internazionale, ad eccezione degli alleati stretti di Caracas, dall'Iran alla Cina, hanno espresso dubbi. Pesa, soprattutto, la "preoccupazione" degli Stati Uniti. Anche il governo progressista cileno di Gabriel Boric ha preso posizione definendo il verdetto "difficile da credere". Il Brasile, invece, finora è rimasto in silenzio: "Attenderemo i risultati ufficiali". La sua dichiarazione sarà cruciale data la sua importanza di Luiz Inácio Lula da Silva all'interno della sinistra latinoamericana. E' probabile, però, che in queste ore, proprio Brasilia - che ha inviato nel Paese il consigliere speciale degli affari internazionali, Celso Amorím, stia lavorando sottotraccia per far ragionare Maduro.

Di fronte alle perplessità, quest'ultimo ha intimato di "rispettare la sovranità del Venezuela". Retorica a parte, però, se non riuscirà a convincere il mondo, però, queste presidenziali si riveleranno un boomerang. Le elezioni di ieri sono frutto di un lungo processo di negoziato con Washington per consentire l'eliminazione delle sanzioni e il pieno ritorno del Paese sui mercati globali. Un passo fondamentale per rendere duraturi i fragili miglioramenti dell'economia nazionale avvenuti negli ultimi due anni. La svolta è cominciata nel 2022 quando, con l'esplosione del conflitto in Ucraina, la fame di energia ha spinto il mondo a guardare al petrolio di Caracas. Le licenze parziali a Chevron per acquistarne il greggio rientrano in quest'ottica.

Nel corso del 2023, rappresentanti dei due governi si sono incontrati in segreto in Qatar. Il negoziato è culminato nell'accordo di Barbados del 23 ottobre scorso tra governo e opposizione per un voto libero e trasparente che inaugurasse la normalizzazione. Questo spiega perché il fronte anti-chavista sentisse di avere la possibilità di scalzare Maduro, al potere dal 2013, come delfino di Hugo Chávez. La presenza di osservatori internazionali - con tutti i limiti, molte delegazioni sono state respinte all'ultimo - doveva suggellare la democraticità del processo, unica garanzia per un nuovo corso con Washington e Unione Europea.

Al momento, il Venezuela ha fallito l'obiettivo: non è riuscito a convincere l'Occidente di avere rispettato gli impegni. Usa e Ue hanno già chiesto una verifica dei risultati. Ora Maduro è al bivio: o accetta di ricontare e, probabilmente, rischia di doversi fare da parte. O tira dritto. In quest'ultima eventualità l'intero percorso dell'ultimo anno e mezzo sarà stato in vano. Caracas resterà isolata come e più di prima. E il sogno del recupero economico potrebbe non avverarsi a breve.




© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: