Fedeli in piazza San Pietro, al Regina Coeli del Papa, con uno striscione che invoca la pace - Ansa
E dopo l’assedio di Bakhmut e le incursioni dei “sabotatori russi” a Belgorod, l’iniziativa di pace del Vaticano rialza la testa. Segnali incrociati, ma per la prima volta concordi nel pronunciare insieme la parola «pace». E, sempre ieri, a Mosca primo colloquio ad alto livello tra i russi e l’inviato di Pechino.
Di primo mattino, con un secco comunicato , il ministero degli Esteri russo fa sapere «valuta positivamente» l’iniziativa del Papa per una missione di pace per l'Ucraina. Sinora però, si precisa, il Vaticano non si è mosso. Un’ora dopo la replica, per una volta possibilista, di Kiev. Un vertice per la pace «è necessario» ed è da tenersi «il prima possibile: l’ideale sarebbe luglio» afferma Andriy Yermak, capo dell’ufficio presidenziale di Kiev. La base per questo summit saranno però «i 10 punti del presidente Volodymyr Zelensky» ma «siamo pronti ad ascoltare tutti quei Paesi che rispettano la nostra sovranità e integrità territoriale», ha aggiunto Yermak.
Papa Francesco, in una intervista a Telemundo, aveva invece accennato all’atteggiamento del presidente Zelensky ricevuto di recente in udienza in Vaticano: «Loro non sognano tanto le mediazioni, perché il blocco ucraino è davvero molto forte. Tutta Europa, Stati Uniti. In altre parole, hanno una forza propria molto grande». Il presidente Zelensky era «molto addolorato e ha chiesto collaborazione per cercare di far tornare i ragazzi in Ucraina», ha aggiunto Francesco. «È un problema politico – ha concluso il Papa – La pace sarà raggiunta il giorno in cui potranno parlare, tra loro due o tramite altri». Sempre ieri il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, nel ribadire chiaramente che il cardinale Matteo Zuppi sarà l'interlocutore unico tanto di Kiev quanto di Mosca nella missione di pace in Ucraina si è compiaciuto per la «disponibilità» di Mosca. Al momento, ha fatto sapere il segretario di Stato, si sta ragionando sulle date per intraprendere la missione in cui verosimilmente dovrebbe interloquire con i due presidenti. Segnali di una trattativa che, dopo mesi di stallo, si va forse sbloccando: un tassello importante il faccia a faccia di 90 minuti a Mosca tra l’inviato cinese Li Hui e il ministro degli Esteri Sergeij Lavrov. Nessuna dichiarazione congiunta ma, poco dopo, il ministero degli Esteri russo precisava che Mosca è impegnata «per una soluzione politico-diplomatica» ma lamentava «seri ostacoli creati dalla parte ucraina e dai suoi gestori occidentali per una ripresa dei negoziati di pace». L’inviato cinese Li Hui, secondo il Wall Street Journal, avrebbe chiesto «un cessate il fuoco immediato in Ucraina con la Russia che conserva le sue nuove regioni». Secca la replica di Kiev: qualsiasi «scenario di compromesso» che preveda la «non liberazione di tutti i territori dell'Ucraina» equivarrebbe ad «ammettere la sconfitta della democrazia, la vittoria della Russia», twittava il consigliere presidenziale Podolyak. Una tela da tessere, con il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva che, dopo una telefonata con Putin, si diceva pronto a mediare insieme ad India, Indonesia e Cina.
Non si ferma però la guerra nei cieli: ieri 13esima notte di bombardamenti consecutivi su Kiev. Esplosioni pure Krasnodar come, sul territorio russo, a Belgorod. Le bombe russe hanno invece devastato un ospedale a Dnipro: 2 morti e 30 feriti in quello che, accusa Zelensky, è un «crimine contro l’umanità».