Il campo profughi di Zatary in Giordania - Archivio Ansa
Vaccinazioni gratuite e di massa ai rifugiati nei campi profughi. È quello sta facendo, prima al mondo, la Giordania, dove una settimana fa è iniziata la campagna di vaccinazione contro il Covid-19.
Nel corso di decenni, il regno hashemita ha dato ospitalità a migliaia di persone in fuga dai conflitti della regione: palestinesi, iracheni e ultimi i siriani, dopo lo scoppio dell’insurrezione contro il presidente Bashir Assad, dieci anni fa. Contestualmente con la propria popolazione, Amman ha annunciato che verranno vaccinati coloro che sono in fuga dalla guerra, in collaborazione con l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite. Anche il re Abdullah II e il principe erede al trono Hussein si sono sottoposti alla vaccinazione, come testimoniano le foto diffuse dall’agenzia di stampa ufficiale Petra.
La prima fase del piano vaccinale, che si affida a forniture sia di Sinopharm (Cina-Emirati Arabi) sia di Pfizer-BioNTech (Germania-Stati Uniti), prevede che la precedenza nelle somministrazioni sia per gli anziani e il personale sanitario, con un ritmo di 5mila al giorno.
Sul piano logistico, sono 29 i centri per la vaccinazione sparsi su tutto il territorio, comprese le località con i campi profughi, a cominciare da Zaatar, il più grande al mondo per i rifugiati siriani, seguito da quelli di Azraq e Irbid, con quest’ultimo che ospita anche palestinesi e iracheni. Nel regno hashemita vivono tra i 600mila e gli 800mila profughi siriani, su una popolazione di circa 10 milioni di abitanti, ma secondo le stime il numero potrebbe superare il milione. Come riferito dall’Acnur, i primi rifugiati a essere vaccinati contro il Covid-19 è stata una coppia di iracheni del campo di Irbid. L’ultimo bollettino giordano, di ieri, riporta un totale di 4.170 morti e di 316.427 contagiati.
La notizia dell’avvio delle vaccinazioni all’interno dei campi profughi in Giordania è stata accolta come un segnale di speranza, sebbene le condizioni di vita continuino a essere molto difficili, soprattutto in questo periodo dell’anno. Le temperature sottozero hanno provocato, dal 2011, centinaia di vittime per il freddo, di cui almeno 130 minori. Negli ultimi giorni, violente piogge stanno flagellando il campo profughi di Idlib, nella Siria nord-occidentale, con il fango che ha inondato le tende. Non lontano, nel villaggio Killi, lo smottamento del terreno ha causato il crollo di un’abitazione destinata ai profughi interni, uccidendo un bambino.
A dieci anni dallo scoppio delle proteste in Siria contro il regime di Assad, nel marzo 2011, milioni di rifugiati sono dislocati tra Giordania, Turchia e Libano, senza contare quelli già in Europa e quelli che continuano a tentare di attraversare il Mediterraneo per raggiungere la Grecia e i Balcani. E cresce l’intolleranza. A fine dicembre, nel campo profughi di Tripoli, a nord di Beirut, decine di tende sono state date alle fiamme, costringendo centinaia di rifugiati a fuggire. Un episodio, non isolato, che ha suscitato lo sdegno della comunità internazionale.