giovedì 7 dicembre 2023
Un professore 67enne senza lavoro a Las Vegas ha sparato nell'università uccidendo tre persone prima di essere colpito. Una 14 enne entra in classe in Russia con un fucile a pompa e spara sui compagni
La polizia nel campus della University of Nevada a Las Vegas dopo la sparatoria

La polizia nel campus della University of Nevada a Las Vegas dopo la sparatoria - Ansa

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Due episodi diametralmente opposti, diversi per età, per irrazionali motivazioni e avvenuti in due luoghi di insegnamento. Il primo a Las Vegas, dove un professore 67enne rimasto senza lavoro è entrato nell’Università del Nevada e ha aperto il fuoco a casaccio, uccidendo tre persone e ferendone altre quattro prima di essere colpito a morte dalla polizia. In precedenza aveva insegnato in Georgia e Carolina del Nord e cercava un lavoro non avendo una pensione. All’origine della follia che ha commesso, probabilmente, un rifiuto da parte dell’amministrazione del college di assumerlo.

La soluzione è stata sempre la stessa come le caratteristiche del gesto: l’acquisto facile di un’arma, come altrettanto facile è stato il bersaglio un luogo di insegnamento dove ci si crede forse al riparo dall'orrore del mondo esterno. A migliaia di chilometri di distanza, qualche ora più tardi, una ragazzina di 14 anni è entrata a scuola come tutte le mattine: sotto il cappotto nascondeva un fucile a pompa rubato al padre e nascosto in u n tubo per conservare i disegni. Ha estratto l'arma e l'ha puntata contro i compagni di classe uccidendo una coetanea e ferendone quattro, prima di rivolgere l’arma contro se stessa e togliersi la vita. La sparatoria è avvenuta in una scuola russa di Bryansk, 400 chilometri a sud di Mosca, vicino al confine con la Bielorussia. Ignoto il movente, anche se i media locali prima hanno parlano di molestie e offese subite in classe dai compagni maschi, per poi virare su una disputa con la compagna.

Un elemento però, più di altri, fa riflettere: la soglia progressivamente tendente verso il basso della percezione di questi gesti, che ormai finiscono tra le notizia basse delle pagine cartacee e vengono invece amplificate se nelle motivazioni vi è qualcosa di “socialmente rilevante”. E la rilevanza o la percezione della gravità non sembrano più derivare però dalla morale, ma dalla visibilità. Ovvero dall’esposizione ai e sui social (in particolare):e quello che di primo acchito si percepisce e che la soglia dell’enormità di un gesto, come quello di uccidere, è a geometria variabile come la sua percezione, soprattutto ciò vale per quanto avvenuto in Russia. Ossia, tutto si può fare perché il limite non esiste tra finzione e realtà, tra gravità e incoscienza. Il caso americano è chiaramente diverso, in una terra in cui solo quest’anno gli episodi con “multiple victims” nelle scuole sono stati 80. In un Paese per ogni 100 cittadini ci sono 120 armi leggere: benzina in abbondanza al alimentare il fuoco di problemi psichici rimasti incontrollati per la difficolta di accesso alle cure per ampie fasce di popolazione.

Troppo facile, si dirà, circoscrivere in questo modo il fenomeno. Anche se limitativo, almeno in parte contribuisce però a tentare di comprenderlo e a essere sempre più certi che se il Secondo emendamento rimarrà in eterno nella Costituzione americana, che ci si metterà contro l’industria delle armi non diventerà mai presidente e che il costume legato all’autodifesa non si può combattere solo con le leggi.

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