Petro Poroshenko e Volodymyr Zelensky sul palco allestito nello stadio Olimpiyskiy di Kiev per il duello finale di ieri sera (Ansa)
Affisso alle pareti della metro, tra i manifesti di un concerto pop e di uno spettacolo per bambini, c’è anche quello di chi, da domani, sarà con ogni probabilità il nuovo presidente dell’Ucraina. Non è un cartellone elettorale, ma la locandina del suo ultimo show: su sfondo rosa, giacca casual, maglietta bianca e mani in tasca, Volodymyr Zelensky sorride. Ha tutte le ragioni per farlo, visti i sondaggi e il successo ottenuto il 31 marzo al primo turno delle presidenziali: 5 milioni e 200mila ucraini hanno votato per questo popolare attore comico e produttore tv, che si è assicurato uno strabiliante 30,2% di consensi, quasi il doppio di quelli del presidente uscente, Petro Poroshenko. Sbaragliati gli altri 37 candidati, domani la corsa al ballottaggio è tra i due uomini che, per la prima volta, ieri sera si sono affrontati dal vivo e non più attraverso un botta e risposta di video promozionali dai messaggi di sfida più o meno minacciosi.
In diretta tv dallo stadio Olimpiyskiy di Kiev, Poroshenko si è giocato il tutto per tutto: non aveva più nulla da perdere, viste le previsioni impietose degli analisti che gli assegnano solo il 27% delle preferenze dell’elettorato. Zelensky, da parte sua, non ha perso l’occasione per esibirsi davanti al pubblico ucraino abituato a vederlo in tv, mettendo in scena un nuovo show che potrebbe trasformare la fiction in realtà istituzionale: in una fortunata serie tv, infatti, l’attore interpreta un insegnante di storia che vince per caso le elezioni presidenziali dopo che on line viene postato un filmato in cui lancia un’invettiva appassionata contro la corruzione del governo. La serie, giunta a marzo alla terza stagione, ha per titolo “Servo del Popolo”, proprio come il suo partito politico.
«Ho 22 anni e ho votato per la prima volta. Da quando ho ricordi di elezioni, a ogni cambio di presidente si è verificata una rivoluzione. Almeno in questa occasione a Kiev nessuno ha sparato!», ci dice Marina, davanti alla stazione della metro Palats Sportu, non lontano da quella Majdan Nezalezhnosti (o semplicemente Majdan, la piazza) che durante la Rivoluzione arancione del 2004 è stata il punto di ritrovo dei manifestanti e nel 2014 teatro di scontri violenti, durante i quali almeno 77 persone persero la vita.
«Certo Zelensky non ha alcuna esperienza, ma Poroshenko, Tymoshenko e Janukovyc, che pure ne avevano, non hanno realizzato granché!», riflette Diana, 23 anni, laureata in legge, seduta all’ingresso del centro commerciale della Majdan.
«Oggi agli occhi degli ucraini, dei giovani soprattutto, la classe politica sembra rassomigliarsi tutta. Pur in presenza di posizioni politiche diverse, viene associata a un’unica mentalità che risale alla fine dell’epoca sovietica, quando l’approccio alla carica pubblica era utilitaristico», ci spiega Mykhailo Mishchenko, studioso al Razumkov Centre, coinvolto nell’elaborazione degli exit poll per il primo turno. «Zelensky, invece, è percepito come qualcosa di nuovo, la materializzazione di quell’idea di cambiamento rimasta insoddisfatta nel 2004 e nel 2014. In queste elezioni, sulla lotta alla corruzione si è giocata la contrapposizione fra la vecchia mentalità politica e quella nuova, soprattutto per i giovani». Sono loro ad aver fatto la differenza: «Fra gli elettori con meno di 30 anni il 57% ha votato per Zelensky al primo turno. Tra gli over 60 lo ha fatto solo il 12,5%. La classe sociale più povera è stata quella che meno lo ha sostenuto, ma per un motivo preciso: i più poveri in Ucraina sono i più anziani. Votando lui, la gioventù si sta rivoltando contro il sistema percepito come corrotto, e lo fa non più in piazza ma on line».
Del tema ricorrente della corruzione parla anche Vitaliy Krivitskiy, il vescovo della diocesi di Kiev-Zhytomyr. Lo incontriamo nella cattedrale di San Nicola. «Quella ucraina è una società polarizzata, divisa tra coloro a cui la corruzione fa comodo e coloro a cui non piace proprio. Di fronte abbiamo una situazione incerta: continuare quel processo che è in corso da cinque anni e di cui non si possono non approvare alcune decisioni ma nemmeno nascondere le pecche, come la mancata lotta ai corrotti appunto e il proseguimento della guerra nell’est. Oppure, in alternativa, procedere al buio, senza sapere dove ci porterà il candidato in vantaggio. Per ora non sappiamo chi ci sia dietro, non è una figura trasparente».
Le ombre proiettate più insistentemente su Zelensky sono quelle del rapporto con Ihor Kolomoisky, controverso oligarca proprietario del canale tv 1+1 dove il comico lavora. Non lo cita mai, ma il vescovo non nasconde i rischi che i poteri forti intorbidino le acque del processo elettorale: «In queste elezioni non vediamo gente libera da influenze oligarchiche. Per alcuni candidati le influenze si notavano di meno, ma quelli sono stati battuti al primo turno. Per chi è rimasto in gara non si può sapere. Quel che è certo è che anche una persona nuova può venire influenzata ed entrare pienamente in queste dinamiche di potere. In Italia c’è la mafia, qui non è molto diverso». Poi aggiunge una riflessione: «Nell’Europa occidentale non ci si può immaginare quanto l’uomo dell’est sia infiltrato dall’homo sovieticus, cioè da chi è vissuto in un regime dove tutto veniva deciso e calato dall’alto e non in una democrazia dove la società comincia da ciascun cittadino. Nel 2004 e nel 2014 il popolo pensava che sbarazzandosi di una persona la situazione del Paese sarebbe cambiata. Non si è capito, invece, che la rivoluzione deve essere compiuta dentro di noi. Lo scontro è interiore».
Al bancone del bar del centro commerciale Globus due giovani ingegneri, Oleksandr, 25 anni, e Serhii, 28 anni, elettori di Zelensky, ci tengono a sottolineare di non essere degli ingenui. Per votare al secondo turno, domani, Oleksandr, tornerà nella sua città natale, a un centinaio di chilometri da Kiev. «Per me la priorità è quella economica, perché gli stipendi sono bassissimi. Mi aspetto che il nuovo presidente si occupi di questo. Zelensky ha portato molti giovani a votare, è già un buon risultato. Ma siamo chiari: l’ho votato solo perché non c’erano altre opzioni possibili». Serhii è d’accordo: «Il punto qui non è votare per Zelensky, di cui non siamo entusiasti, è piuttosto finirla con Poroshenko che è un disastro».
Nel parco del Politecnico incontriamo Tatiana, 34 anni, due figli piccoli, l’ultimo di due mesi dorme nella carrozzina: «In questo paese non si guadagna abbastanza per vivere. Malgrado la mia laurea, il diploma di mio marito e due lavori, sono i nostri genitori ad aiutarci». Tatiana non ha votato perché proviene da una cittadina troppo lontana da Kiev e con i bambini non è riuscita a tornarci, ma è ben informata e ha le idee chiare: «In Ucraina il presidente non è la persona che governerà, ma solo uno messo lì per conto di qualcun altro. Il punto non è chi sarà eletto ma chi c’è dietro il candidato che vincerà. Più che essere competente, il presidente dev’essere un bravo attore e Zelensky lo è di professione! Spero piuttosto che la persona che avrà davvero in mano il potere vorrà vivere in un Paese rispettabile, dignitoso. Spero voglia dimostrare che l’Ucraina può essere meglio di com’è oggi». Le chiediamo per chi voterebbe domani, se potesse andare alle urne. Lei sorride: «Per Zelensky! Non credo sia il peggiore».
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