Il vescovo Maksym Ryabukha all'inaugurazione della scuola sotterraneo ospitata sotto la parrocchia di Zaporizhzhia - Facebook
«Abbiamo già perso più della metà delle parrocchie. E, con l’esercito russo che avanza, altre decine di chiese sono state evacuate». Maksym Ryabukha è il neo-vescovo dell’esarcato greco-cattolico di Donetsk, la diocesi nell’Ucraina sud-orientale tagliata dalla linea del fronte. È la diocesi del Donbass e dell’oblast di Zaporizhzhia che in buona parte è controllata dal Mosca. Ed è la diocesi dove i militari di Putin stanno continuando a strappare nuovi villaggi nella regione che dà il nome all’esarcato. «La situazione è sempre più preoccupante», racconta monsignor Ryabukha che nel suo viaggio in Italia ha visitato anche la redazione milanese di “Avvenire”. Salesiano, 44 anni, è diventato vescovo in piena guerra, nel dicembre 2022. Prima ausiliare di Donetsk e da pochi giorni titolare della stessa diocesi.
Maksym Ryabukha, neo-vescovo dell’esarcato greco-cattolico di Donetsk, la diocesi nell’Ucraina sud-orientale tagliata dalla linea del fronte. - Gambassu
Non restano più arredi sacri, mobilia e panche nelle chiese di Pokrovsk, Mirnohrad e Kostiantynivka, tre località su cui puntano i battaglioni del Cremlino per tentare di completare la conquista dell’oblast di Donetsk. «I nostri sacerdoti restano vicini alla popolazione e visitano i profughi che hanno lasciato le loro case». Vale anche per lui. Pastore che non può mettere piede in oltre il cinquanta per cento dell’esarcato. Perché è nelle mani di Mosca. Dice di «essere vescovo in un tempo di dolore, di drammi, di ingiustizie, di impotenza». E aggiunge: «Per questo c’è più che mai bisogno di farsi padre. Il che significa abbracciare la gente per ricordare a tutti che non si è mai soli sotto le bombe». Nei territori finiti sotto la Russia la Chiesa in comunione con Roma è stata messa al bando. «Chi dice a viso aperto di essere cattolico sparisce: alcuni vengono fucilati; altri incarcerati. Non si ha diritto a professare liberamente la propria fede. I nostri fedeli ripetono: “Resistiamo, ma è come essere rinchiusi in un carcere”».
Il vescovo Maksym Ryabukha che guida l’esarcato greco-cattolico di Donetsk e il dono di un'ambulanza per l'Ucraina - Facebook
Proprio nelle prigioni di Putin sono rimasti per oltre un anno e mezzo padre Bohdan Geleta e padre Ivan Levitskyi. Due preti del vescovo Ryabukha catturati a Berdiansk, città della sua diocesi nella parte espugnata della regione di Zaporizhzhia. «I loro racconti dopo la liberazione avvenuta lo scorso giugno - chiarisce il presule - mostrano come la forza della preghiera sia un sostegno vitale in mezzo alle atrocità. I nostri due sacerdoti hanno sentito la vicinanza della Chiesa che ha permesso loro di resistere al male, alle torture, alla disumanità che hanno sperimentato nelle celle russe. Ed è con la preghiera che anche io mi faccio prossimo alle comunità che mi impediscono di visitare. Ogni giorno chiedo al Signore di proteggerle». A cadenza regolare Ryabukha visita i soldati in prima linea: cinquecento i chilometri di trincee che dividono l’esarcato. «Molti dei militari, prima di indossare la divisa, erano semplici genitori o anche ex allievi salesiani. Hanno messo da parte i loro progetti per difendere il Paese», afferma il vescovo. Una pausa. «Sappiamo che la guerra finirà. Ma tutti desideriamo che avvenga al più presto possibile e con una pace che sia nel segno della giustizia».
Il vescovo Maksym Ryabukha all'inaugurazione della scuola sotterraneo ospitata sotto la parrocchia di Zaporizhzhia - Facebook
Intanto lui getta semi di speranza fra i raid dal cielo e le offensive via terra. Partendo dalle nuove generazioni e sui passi di san Giovanni Bosco. A Zaporizhzhia, il capoluogo dove vive e dove è stata trasferita la curia diocesana, ha appena inaugurato la prima scuola cattolica cittadina. «Sotterranea, nei seminterrati della parrocchia - fa sapere - perché è solo così che possono essere garantite le lezioni in presenza in un’area costantemente sotto attacco e a cinquanta chilometri dalla linea di combattimento».
Il vescovo Maksym Ryabukha all'inaugurazione della scuola sotterraneo ospitata sotto la parrocchia di Zaporizhzhia - Facebook
Ma ne sta costruendo anche una nuova. «Sempre in città e sempre sottoterra, frutto della generosità di donatori europei», sottolinea il vescovo. Poi c’è un percorso professionale. «La capacità di sognare - avverte - fa parte del Dna del credente. Anche noi in Ucraina non smettiamo di sognare un mondo più umano. E la ricostruzione del Paese avrà necessità di giovani preparati. All’Occidente chiediamo di sostenerci e di non lasciarsi contagiare da proposte che mettano a rischio l’avvenire del nostro popolo».