Una colonna di fumo si alza sulla collina all’orizzonte. «Hanno attaccato di nuovo Lypsi», avverte Igor Cusmenko. Il soggetto è implicito: i russi. E la località di cui parla è l’abitato che da più di tre mesi l’esercito di Putin sta provando a conquistare. Mille i residenti prima della guerra. E oggi un agglomerato fantasma su cui si accanisce la furia russa. Igor indica l’altura che non solo nasconde Lypsi ma anche la regione russa di Belgorod. È l’energico vicesindaco del Comune che confina con quello assediato dalle truppe di Mosca e che comprende due villaggi: Tsyrkuny e Ruski Tyshky. Paesini lungo la linea del nuovo fronte che il Cremlino ha aperto all’inizio di maggio quando ha dato il via alla nuova offensiva verso Kharkiv, la seconda città dell’Ucraina nell’est del Paese. Cinquanta chilometri la separano dalla frontiera russa: sono quelli della strada che parte dalla metropoli di un milione e mezzo di abitanti, passa per Tsyrkuny e Ruski Tyshky, attraversa Lypsi e giunge nella nazione “nemica”. Una lingua d’asfalto che i carri armati e i militari russi ambiscono a percorrere di nuovo, come era accaduto due anni e mezzo fa, all’esordio del conflitto, quando erano stati fermati alle porte di Kharkiv.
Il vicesindaco Igor Cusmenko e il sindaco Mykola Sikalenko che amministrano gli abitati di Tsyrkuny e Ruski Tyshky lungo il fronte intorno a Kharkiv - Gambassi
Oggi la provinciale è la via “vietata” che porta ai campi di battaglia più vicini all’ex capitale. Ci possono entrare soltanto i soldati diretti alla prima linea o gli irriducibili che sfidano la sorte e i raid di Mosca pur di non lasciare le loro case. Come chi continua ad abitare fra Tsyrkuny e Ruski Tyshky. «In duemila restano - fa sapere il vicesindaco -. Ma quattordici insediamenti intorno a Ruski Tyshky sono già stati sgomberati. Troppo a rischio e a ridosso dell’area di combattimento. Solo in 32 non se ne vogliono andare». Da Tsyrkuny l’esercito russo dista dieci chilometri. A confermarlo è anche l’eco sinistro dei colpi d’artiglieria che vengono amplificati dalle vie deserte e che rompono il silenzio spettrale di una mattina d’estate. Fino a quando i lanci non arrivano nella zona, accompagnati spesso dalle micidiali bombe plananti.
La collina di Lypsi assediata dall'esercito russo vista dall'abitato di Tsyrkuny lungo il fronte intorno alla città di Kharkiv - Gambassi
«Abbiamo avuto anche venti o trenta attacchi in un unico giorno», spiega Igor. Con un intento: terrorizzare la popolazione e aprire la strada all’avanzata dei mezzi e degli uomini di Putin. Come purtroppo sa la famiglia Ivanenko. A fine giugno un missile ha sventrato la loro casa. «Ed è piombato sull’annesso doveva viveva la mamma - dice Svetlana -. Siamo tutti salvi per miracolo. Io e mio marito Ivan perché, quando abbiamo sentito il rombo dei primi due missili che hanno preceduto quello finito su di noi, ci siamo buttati a terra mentre eravamo in giardino; e mia madre Vera perché è stata sbalzata fuori dall’onda d’urto dell’esplosione e così non si è ritrovata sotto le macerie o in mezzo alle fiamme». L’anziana di 76 anni siede sui gradini del portone d’ingresso davanti a un ammasso di ruderi anneriti che erano la sua camera e la sua cucina. Le gambe sono ancora fasciate per le ferite dovute alle schegge. «E ha quasi perso l’udito a causa dello scoppio», sottolinea la figlia.
A Tsyrkuny la famiglia Ivanenko davanti alla loro casa bombardata dall'esercito russo che è stato fermato a dieci chilometri - Gambassi
La loro abitazione racconta il destino del villaggio a venti chilometri dal capoluogo. Già occupato durante i primi quattro mesi di guerra, nella primavera del 2022, quando la Russia aveva accerchiato Kharkiv e distrutto per due terzi l’insediamento. «Anche la nostra casa era stata colpita», ricorda Ivan. Lui l’aveva sistemata. Come tanti a Tsyrkuny. «A 248 famiglie che avevano l’alloggio danneggiato abbiamo ricostruito tutto», afferma il vicesindaco. Perché il periodo del terrore sembrava alle spalle. Invece da maggio la Russia è tornata all’assalto di Kharkiv. Su due direttrici lungo le quali le truppe di Putin hanno già strappato all’Ucraina territori e agglomerati intorno al confine: quella di Vovchansk, la cittadina a settanta chilometri dalla metropoli già rasa al suolo ma non ancora caduta; e quella di Lypsi, ben più strategica se l’obiettivo è davvero Kharkiv, ma non meno facile da superare.
La distruzione russa nell'abitato di Tsyrkuny lungo il fronte intorno a Kharkiv: l'esercito russo è a dieci chilometri - Gambassi
«Le armate ucraine hanno fermato l’offensiva su Lypsi che resta nostra, mentre la limitrofa Lukyantsi è per metà occupata», spiega il sindaco Mykola Sikalenko. L’incursione nella regione russa di Kursk non ha ridotto l’intensità dei combattimenti. Anzi, i dispacci ufficiali di Kiev annunciano ulteriori innesti di forze russe, trasferimenti di battaglioni di Mosca dall’oblast occupata di Lugansk e ricorso a mercenari stranieri, compresi gli egiziani. «Sono chiari i motivi per i quali i russi vogliano Lypsi - prosegue il capo dell’amministrazione locale -: non soltanto perché è su una collina, ma perché se la conquistassero sarebbero a meno di trenta chilometri da Kharkiv. Questo permetterebbe loro di schierare l’artiglieria. Come avevano già fatto all’inizio della guerra quando, una volta occupata l’area, avevano posizionato a Lypsi i cannoni per sparare contro la tangenziale di Kharkiv e il quartiere residenziale di Saltivka». Il quartiere martire del capoluogo, con i suoi condomini di venti piani ancora devastati e implosi per i bombardamenti a tappeto, che l’hanno reso il simbolo “nero” dell’assedio russo. «Kharkiv è il sogno di Putin - sostiene Sikalenko -. Ma lui parte da un’idea grottesca: soltanto per il fatto che parliamo russo, pensa che vogliamo stare sotto la Russia. Una follia. Non si impossesserà mai della città». A Tsyrkuny sono arrivati gli sfollati di Lypsi. «Chi ha scelto di fermarsi è stato accolto nel migliore dei modi - aggiunge il primo cittadino -. Eppure gli aiuti umanitari sono qui un’emergenza, soprattutto da quando la situazione si è fatta critica».
La fotosegnaletica russa del sindaco Mykola Sikalenko ricercato dalla Federazione russa - Gambassi
Nell’ufficio ha affisso la sua foto segnaletica. E l’ha persino incorniciata «Ricercato. Criminale di guerra», viene definito il sindaco nello screenshot diventato un quadro. In russo. Ha trovato il suo volto in uno dei siti vicini al Cremlino che denunciano chi ha l’unica colpa di essere un “fedelissimo” dell’Ucraina. Sikalenko è consapevole di essere nel mirino: già tre volte è stato catturato dai militari di Mosca. Erano i mesi in cui i suoi villaggi venivano controllati da Putin. A distanza di due anni, le terre che governa ripiombano nell’incubo dell’invasione russa. «Il nostro esercito resiste - osserva -. Però abbiamo già pronti i piani di evacuazione per l’intero comprensorio. Secondo le norme in vigore, siamo una zona non sicura e con molte restrizioni».
I segni degli attacchi russi nell'abitato di Tsyrkuny lungo il fronte intorno alla città di Kharkiv nell'Ucraina orientale - Gambassi
Il municipio non è più quello lungo la via principale del paese, dopo essere stato bombardato più volte. Così è stato trasferito in uno stabile provvisorio nascosto in mezzo al bosco. «Siamo assaliti dai droni-spia del nemico che ci sorvegliano e volano per individuare i bersagli». Custodite dagli alberi anche le ambulanze o gli ambulatori medici. E a Tsyrkuny c’è ormai una regola: vivere senza dare nell’occhio.
La distruzione russa nell'abitato di Tsyrkuny lungo il fronte intorno a Kharkiv: l'esercito russo è a dieci chilometri - Gambassi
«Non ci spaventano gli attacchi - confida Igor - ma tornare sotto i russi». Lui è originario della regione di Donetsk. Ed è già fuggito una volta dai soldati arrivati da oltre confine quando dieci anni fa sono cominciati gli scontri in Donbass. «Ho vissuto sulla mia pelle l’inferno russo - ammette -. Volevo e voglio essere ucraino». Il cuore gli fa dire che Tsyrkuny e Ruski Tyshky non saranno espugnate. «Stiamo anche costruendo un centro di aggregazione per bambini». E si fa interprete del sentimento collettivo di restare liberi. «Due settimane fa un bombardamento ha danneggiato una decina di case. La gente è venuta in Comune a chiederci di rimetterle. Lo abbiamo fatto a tempo di record, anche se siamo consci di avere il fronte dietro l’angolo. Però serve dare speranza alle nostre comunità».