Durante la campagna elettorale del 2016, la candidata democratica Hillary Clinton disse che, se avesse vinto Trump, in America si sarebbe scatenata l’Apocalisse. Certo, il messaggio politico di Trump è sempre stato consapevolmente e volutamente “apocalittico”: abbattimento del sistema, movimentismo, disintermediazione con l’elettorato, difesa della maggioranza silenziosa. Nel 2016 questa linea si è dimostrata vincente. E il presidente ha continuato ad applicarla nel suo governo: rompendo gli schemi legati alla Guerra Fredda, quelli nei rapporti con il Congresso e quelli nelle relazioni con il mondo mediatico. Anche se poi, alle prese, con l’attività amministrativa e i rapporti diplomatici quotidiani, le difficoltà per Trump non sono certo mancate.
Nel suo “Apocalypse Trump” (Edizioni Ares, prefazione di Ferruccio De Bortoli), il giornalista Stefano Graziosi ha tracciato un’interpretazione del fenomeno Trump che, partendo dalle cause strutturali della sua vittoria, si concentra in particolare sulla sua leadership. Una leadership peculiare, che, secondo l’autore, oscilla tra i due modelli contrapposti di Mao Zedong e Giulio Andreotti. Una leadership, cioè, contesa perennemente tra movimentismo e diplomazia, rottura e dialogo, aggressività e trattativa, rivoluzione e tradizione. Senza dimenticare la natura politica trasversale del presidente americano: saltano i facili schemi prefissati e le categorie stesse di “destra” e “sinistra” si mescolano, diventando inscindibili. Trump, piaccia o meno, incarna un nuovo paradigma storico. E questo libro cerca di comprenderne l’essenza, nel bene e nel male. Senza pregiudizi. E senza sconti.
Il libro verrà presentato martedì 5 marzo alle 18:30 a Milano dall’autore in via Santa Croce 20/2 insieme a Giulio Sapelli e Mauro della Porta Raffo.