domenica 29 novembre 2020
Le Conferenze asiatiche dei vescovi, dei gesuiti e dei religiosi lanciano appelli e mobilitazioni per la scarcerazione dell'anziano sacerdote, ammalato
Il gesuita Stan Swamy, 83 anni

Il gesuita Stan Swamy, 83 anni

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Sta molto male, padre Stan Swamy. Il gesuita 83enne soffre di Parkinson, eppure le autorità carcerarie gli negano da 52 giorni una cannuccia, indispensabile per nutrirsi e per bere. Un accanimento, quello verso padre Stan, difficile da comprendere se non nel contesto in cui da decenni si svolge la sua attività nello Stato di Jharkhand, tra i più poveri e arretrati dell’India. Il sacerdote è stato arrestato l’8 ottobre dopo diversi interrogatori e pressioni perché sospettato di prossimità con la guerriglia maoista a causa della sua difesa dei diritti umani degli ultimi.

Un’accusa che in passato ha toccato o sfiorato altri uomini di Chiesa, ma che sembra ancora più inappropriata nel caso dell’anziano gesuita. Quest’ultimo – sono tante le testimonianza in questo senso – anche durante la pandemia ha scelto di restare con il suo popolo, affrontando innumerevoli difficoltà. Lo stesso impegno ora padre Stan lo mette ne sostenere i compagni di prigionia. «Quello che mi sta succedendo, non è qualcosa di unico. Fa parte di un processo più ampio che si sta sviluppando in tutto il Paese – ha dichiarato di recente –. Tutti siamo coscienti di come noti intellettuali, avvocati, scrittori, attivisti, studenti, leader vengano incarcerati per avere espresso il loro dissenso o sollevato quesiti sui poteri in India. (...) Io non sono uno spettatore silenzioso, ma parte del gioco e sono pronto a pagarne il prezzo qualunque sia».

Un “gioco” difficile per chi come padre Stan sta dalla parte dei dalit e delle comunità adivasi (aborigene) dello Jharkhand. Questi ultimi sono riusciti, negli anni Novanta, a fermare il tentativo delle grandi compagnie energetiche di espandersi sulle loro terre ancestrali. Il conflitto per lo sfruttamento delle risorse, tuttavia, resta latente. Situazione più volte denunciata da padre Stan che criticava gli eccessi della polizia e il «fallimento» del governo nel tutelare le minoranze e i diseredati.

Gli appelli dei vescovi e dei gesuiti dell'Asia

#StandwithStan: questo l'hashtag con cui la Conferenza dei Gesuiti dell'Asia Meridionale ha lanciato una nuova mobilitazione per la scarcerazione di padre Stan. La campagna di solidarietà verrà intensificata nei prossimi giorni e si prevede l'indizione di una "Giornata di mobilitazione" per la liberazione del religioso.

Anche la Conferenza dei religiosi dell'India ha lanciato un appello per la scarcerazione di padre Swamy, così come la Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche (Fabc) che, in una nota, ha scritto: "L'arresto e la spietata incarcerazione di padre Stan Swamy ci rammentano il trattamento riservato al Mahatma Gandhi quando si è battuto per i diritti del popolo indiano".

Alla catena umana di solidarietà, lunga 3 chilometri, che si è tenuta recentemente a Bangalore, nello Stato del Karnataka, ha partecipato anche l'arcivescovo, monsignor Peter Machado.

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