martedì 21 aprile 2020
Nel 2019 calo generale del 5%, minimo storico degli ultimi 10 anni. Crescono nel regno saudita (184), in Iraq, Sud Sudan e Yemen. In Iran 251. «Abolizione a portata di mano»
Calano le esecuzioni nel mondo

Calano le esecuzioni nel mondo - Amnesty International

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Per Amnesty International «la domanda non è se la pena di morte verrà abolita nel mondo, ma quando». Le esecuzioni calano - 690 nel 2018, 654 l'anno scorso, il 5% in meno - e i Paesi che non uccidono detenuti sono la stragrande maggioranza. Quelli che l'hanno abolita dai loro ordinamento per tutti i reati sono 106, altri 142 l'hanno abolita di fatto, mentre a far lavorare il boia sono rimasti solo in 20. Progressi continuano a registrarsi in numerosi paesi dell'Africa subsahariana, segnali positivi anche dagli Stati Uniti e dal Giappone. Chi continua spesso lo fa in segreto, consapevole dell'indifendibilità della pena capitale. Drammatica la situazione in Arabia Saudita, Iraq, Sud Sudan e Yemen, che hanno fatto registrare un’impennata nelle esecuzioni. Gli omicidi di Stato sono usati spesso come strumento di repressione politica, come in Iran e Cina.

Nel 2019 dunque nel mondo è stata registrata una diminuzione generale nelle esecuzioni, rivela Amnesty International nel suo rapporto globale sulla pena di morte nel mondo pubblicato stanotte in tutto il mondo. L’associazione registra però il numero più alto di esecuzioni in un solo anno in Arabia Saudita: 184. In Iraq esecuzioni raddoppiate e l’Iran viene subito dopo la Cina, dove il numero di esecuzioni resta un segreto di stato. La tendenza globale vede una diminuzione delle esecuzioni per il quarto anno consecutivo.

Esecuzioni al minimo da 10 anni

Esecuzioni al minimo da 10 anni - Amnesty International



«La pena di morte è una pena disumana e ripugnante e non esistono prove attendibili che essa scoraggi i reati più della pena detentiva. La vasta maggioranza dei paesi lo riconosce e vedere che le esecuzioni continuano a diminuire in tutto il mondo è incoraggiante - dichiara Clare Algar, direttrice di Amnesty International per la ricerca e l’advocacy - tuttavia vi è un numero limitato di paesi che, in controtendenza, ha fatto sempre più ricorso alle esecuzioni. In Arabia Saudita è stata utilizzata anche contro i dissidenti politici. Sconcertante l’enorme aumento di esecuzioni registrato in Iraq, quasi raddoppiate in un solo anno». I cinque paesi con il maggior numero di esecuzioni nel 2019 sono Cina (migliaia), Iran (almeno 251), Arabia Saudita (184), Iraq (almeno 100) ed Egitto (almeno 32). Altri paesi con numeri alti, tra i quali Iran, Corea del Nord e Vietnam, hanno continuato a nascondere il loro pieno ricorso alla pena di morte limitando l’accesso alle informazioni in merito.

Aumenti delle esecuzioni in una minoranza di Paesi

Sono solo 20 i paesi responsabili del numero totale di tutte le esecuzioni nel mondo. L’Arabia Saudita ha messo a morte 184 persone, 6 donne e 178 uomini: poco più della metà erano cittadini stranieri. Nel 2018 erano state 149. La maggioranza delle esecuzioni era connessa a reati di droga e omicidi. Tuttavia, Amnesty International documenta l’aumento del ricorso alla pena di morte come arma politica contro i dissidenti dalla minoranza musulmana sciita dell’Arabia Saudita. Il 23 aprile 2019 c’è stata un’esecuzione di massa di 37 persone, 32 delle quali erano sciiti condannati per “terrorismo” dopo processi basati su confessioni estorte sotto tortura.

Una delle persone messe a morte il 23 aprile era Hussein al-Mossalem. Aveva ferite multiple, naso, gamba e clavicola fratturati percosse con manganello elettrico e altre forme di tortura. È stato processato dal Tribunale speciale creato nel 2008 per giudicare i reati di terrorismo, sempre più spesso utilizzato per mettere a tacere il dissenso.

In Iraq, il numero di persone messe a morte è raddoppiato, dalle 52 del 2018 alle almeno 100 del 2019, per lo più persone accusate di far parte del gruppo armato “Stato islamico”. In Sud Sudan almeno 11 esecuzioni nel 2019, il numero più alto mai registrato dall'indipendenza del 2011, in Yemen almeno 7 rispetto agli almeno 4 del 2018. Anche il Bahrain ha ripreso le esecuzioni, 3, dopo una pausa di un anno.

Mancanza di trasparenza sul ricorso alla pena di morte

Molti paesi non hanno pubblicato o fornito informazioni ufficiali. L’Iran è secondo solo alla Cina per la pena di morte. Sono state messe a morte almeno 251 persone nel 2019, rispetto alle almeno 253 del 2018, di cui quattro minorenni all’epoca del reato. Tuttavia, la mancanza di trasparenza rende possibile un numero di gran lunga maggiore. In un caso, le autorità iraniane hanno messo segretamente a morte due ragazzi, Mehdi Sohrabifar e Amin Sedaghat, il 25 aprile 2019, arrestati a 15 anni e condannati per stupro plurimo in un processo ingiusto.

«Persino i paesi più convinti fautori della pena di morte trovano difficoltà nel giustificarne il ricorso e scelgono la segretezza. Molti di essi si sforzano di nascondere le modalità di ricorso alla pena di morte, essendo consapevoli che non reggerebbero al vaglio internazionale», dichiara Clare Algar: In alcuni paesi, dalla Bielorussia al Botswana fino all’Iran e il Giappone, le esecuzioni sono condotte senza informare preventivamente familiari, avvocati o in alcuni casi gli interessati stessi».

Abolizione globale a portata di mano

Per la prima volta dal 2011 c’è stato un calo dei Paesi che applicano la pena di morte nell’area dell’Asia e Pacifico, con esecuzioni in 7 nazioni. Giappone e Singapore hanno drasticamente ridotto il numero di esecuzioni: da 15 a 3 e da 13 a 4. Per la prima volta dal 2010 niente esecuzioni in Afghanistan. Sospensioni anche a Taiwan e Thailandia. Kazakistan, Russia, Tagikistan, Malesia e Gambia hanno rispettato le moratorie ufficiali. Sono 106 i paesi che hanno abolito la pena di morte dal loro ordinamento e 142 quelli che l’hanno abolita nella prassi.

In molti Paesi progressi positivi: in Guinea Equatoriale il presidente ha annunciato una norma per abolire la pena di morte. Sviluppi anche in Repubblica Centrafricana, Kenya, Gambia e Zimbabwe. Anche le Barbados hanno eliminato la pena di morte obbligatoria dalla Costituzione. Negli Usa il governatore della California, stato col maggior numero di persone nel braccio della morte, ha istituito una moratoria. Il New Hampshire è divenuto il 21° stato americano ad abolire la pena di morte.

Ci sono anche passi indietro. Nelle Filippine tentativi di reintrodurre la pena di morte per “reati efferati legati a sostanze stupefacenti e frodi”. Lo Sri Lanka tenta di riprendere le esecuzioni in oltre 40 anni. Il governo federale statunitense ha anche minacciato di riprendere le esecuzioni dopo quasi 20 anni dall’ultima. «Dobbiamo continuare a tenere alta l’attenzione verso l’abolizione della pena di morte in tutto il mondo», dichiara Clare Algar: «Chiediamo a ogni singolo stato di abolire la pena di morte e di esercitare una pressione a livello internazionale sui pochi che ancora applicano questa pratica disumana».

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