giovedì 23 marzo 2017
Quel primo simbolo della democrazia più antica: il Parlamento di Westminster
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Come al solito, la ridda delle ipotesi si è subito scatenata: magari fantasia e dietrologismo galoppano. D’altronde, è un fatto che sovente la realtà supera le ipotesi più funamboliche; e poi siamo in tempi di “post- verità”, non è vero? Ipotizzate dunque, ipotizzate. Qualche cosa resterà, tanto per parafrasare quel celebre illuminista che, quanto a bugie, la sapeva lunga. Si è subito notata la coincidenza cronologica: quella con gli attentati di Bruxelles del 22 marzo dello scorso anno. Pura, involontaria “casualità”? Appare molto improbabile.

Ma allora, qual è il significato del messaggio che l’attentatore (e/o i suoi mandanti, se non è un isolato) hanno voluto inviarci? Un attentato, di solito, quando non è una semplice ritorsione ha il significato di una lettera minatoria: non deve solo far paura, deve indicare da dove viene la minaccia e magari suggerire dove si colpirà ancora. L’elemento più vistoso, nel caso dell’attentato di ieri, è la sede prescelta: il Parlamento. Si è trattato della ritorsione per una scelta recente dei parlamentari britannici? La partecipazione del Regno Unito alla coalizione anti-Daesh? Non pare proprio né che tale coalizione stia facendo finora un troppo efficace lavoro nel Vicino Oriente, né che in esso si distinguano contingenti britannici... Resta un’ipotesi storico-simbolica “forte”, di fondo. Che nel Parlamento di Westminster si sia voluto colpire il simbolo primigenio della democrazia rappresentativa liberale, quella espressa dalla Glorious Revolution del 1688 che, ancor prima e meglio della Rivoluzione Francese nel 1789, rappresenta l’inizio della Modernità politica. A torto si cita, come primigenia delle carte costituzionali, la Magna charta libertatum del 1215, che in realtà riguardava i rapporti tra la corona inglese e l’aristocrazia. Qui si tratta degli eventi dell’isola di Albione durante il Seicento e, in particolare, della lunga lotta della borghesia mercantile contro il governo assoluto die monarchi di casa Stuart: petizione dei diritti del 1628 contro l’arresto arbitrario seguita dallo scioglimento del Parlamento, sua ricostruzione nel 1640, guerra civile tra 1642 e 1648 della corona e degli aristocratici contro la borghesia guidata dal puritano Oliver Cromwell, esecuzione di Carlo I decapitato nel 1648, quindi la parentesi del Commonwelth repubblicano fino al 1660, restaurazione degli Stuart ma Glorious Revolution che nel 1688 portò al trono la dinastia degli Orange e stabilì la democrazia moderna sulla base del celebre «no taxation, no rapresentation », “senza una rappresentanza chiamata a partecipare alle decisioni di governo, niente tasse”.

Meno di un secolo più tardi, i coloni delle terre d’America si ribellarono alla corona inglese sulla base dello stesso principio. Frattanto, però, la colonizzazione procedeva: e gli europei, democratici a casa loro, mostravano nel resto del mondo ben altro volto. È questo che i teorici del fondamentalismo islamista, da Hassan al-Bannah negli anni Venti in poi, hanno sempre rinfacciato all’Occidente liberale che frattanto aveva ingannato il mondo arabo con la falsa promessa di unità e indipendenza all’indomani della Prima guerra mondia-le, già negata dal patto segreto Sykes-Picot del 1916. È contro tutto ciò che si è sparata la raffica di ieri diretta al Parlamento inglese? Un islamista di recente nazionalità inglese, o magari un convertito di fresco ma britannico di vecchia data, e dotato di una certa cultura storica, potrebbe quindi colpire il Parlamento di Sua Maestà rifacendosi alle sue origini borghesi e colonialiste: in fondo, si tratta del nido dal quale è a sua tempi uscita la Compagnia delle Indie Orientali. O magari si potrebbe pensare a un palestinese, a un iracheno, a un indopachistano, insomma a un musulmano che ha avuto a che fare con quella forma di colonialismo che due secoli fa ha trovato un cantore in Rudyard Kipling. Allora sì che avrebbero ragione quelli che si sono subito messi a gridare a «un altro attacco al cuore dell’Occidente ». Un Occidente, storicamente parlando, à tête angalise. Ma sferrato da chi, nel nome di quali prospettive tattiche, di quali visioni strategiche? È quanto comprenderemo dalle indagini, nelle prossime ore. Forse.

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