sabato 9 dicembre 2023
Le ipotesi in circolazione sulla gestione del dopo-guerra
La periferia di Gaza City martellata dall'artiglieria e dai caccia israeliani

La periferia di Gaza City martellata dall'artiglieria e dai caccia israeliani - Ansa

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Occupazione, zona cuscinetto, deportazioni, forza di pace: sono quattro le ipotesi che si possono avanzare sul destino di Gaza, l'enclave palestinese ormai sotto assedio di Israele da oltre due mesi.

1 - L’occupazione

Assisteremo nuovamente a un’occupazione militare della Striscia? Presidiare un territorio instabile, appena uscito da una guerra feroce richiederebbe massa e soldi. Occorrerebbe mobilitare a lungo i riservisti, con gravi ripercussioni sulla sostenibilità economica. Possiamo allora pensare a un modello cisgiordano per Gaza? L’ipotesi è inverosimile perché qualsiasi amministrazione locale con un mandato di sicurezza israeliano sarebbe tacciata di collaborazionismo

2 - La zona cuscinetto

I Paesi occidentali non vedono di buon occhio nemmeno una zona-cuscinetto israeliana a Gaza, perché sospettano sia il pretesto per uno smembramento territoriale dello Stato palestinese in gestazione. Siamo poi sicuri che la “buffer zone” sarebbe solo temporanea? Non rischierebbe di alimentare il nazionalismo arabo-palestinese e della destra israeliana? È affatto inverosimile che funzioni qui il modello applicato per la frontiera dell’isola di Cipro, zona tampone foriera di intese fra le rispettive società civili

3 - Le deportazioni

Se la guerra si prolungasse e fossero ancora i civili a farne le spese, Israele potrebbe cedere alle pressioni della comunità internazionale e adottare per Gaza il modello 1982. I vertici dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) e circa 7.100 guerriglieri furono esfiltrati dal Libano al termine dell’operazione Pace in Galilea. Le brigate superstiti di Hamas potrebbero ottenere oggi un lasciapassare verso Stati disposti a offrire loro una zona di approdo, un esilio indotto dalla situazione

4 - Le forze di pace

Un contingente di caschi blu potrebbe essere la soluzione per l’immediato dopoguerra, con i capitali del Golfo Persico a coprirne i costi di funzionamento. Nessun paese islamico pare però disposto a inviare truppe, a meno di un accordo con i palestinesi. L’Egitto ha esperienza di controguerriglia e avversa la Fratellanza musulmana, di cui Hamas è una costola. Potrebbe essere gradito a Israele, se mai fornisse uomini ma, oggi come oggi, Tel Aviv punta a nazionalizzare la sicurezza della Striscia di Gaza


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