mercoledì 7 febbraio 2024
Più di 9.000 dei 25-30mila operativi sono stati eliminati. Avrebbero consumato 14mila dei 20mila proiettili. Ma resta il rischio di «rigenerazione». E la rete di tunnel è in piedi per tre quarti
Militari israeliani a Gaza. Quattro mesi di raid hanno pesantemente ridotto il potenziale offensivo del gruppo terrorista Hamas

Militari israeliani a Gaza. Quattro mesi di raid hanno pesantemente ridotto il potenziale offensivo del gruppo terrorista Hamas - Reuters

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Quattro mesi di guerra e Hamas resiste ancora. Izz al-Din al-Hadad, comandante della brigata di Gaza City, è sfuggito finora alla cattura e non è l’unico. Secondo l’Istituto statunitense per gli studi sulla guerra, sarebbe lui a gestire la rigenerazione dei terroristi a nord e nel resto della Striscia. Come è possibile?

​Il potenziale bellico

Hamas ha sempre operato in segretezza e sappiamo poco del suo potenziale bellico reale. I dati variano a seconda delle fonti, accompagnati da un’unica certezza: dopo quattro mesi, i lanci di razzi sono diventati sporadici. L’attacco su Tel Aviv di fine gennaio non deve sorprendere: è arrivato dopo settimane di calma. Anche i tiri non sono più effettuati in mega-salve, ma riguardano pochi proiettili per volta, 12 o meno, tutti intercettati o fuori bersaglio. Siamo lontanissimi dagli sbarramenti di fuoco di ottobre-novembre 2023. E anche i 25 razzi lanciati il 16 gennaio erano tutti diretti contro comuni israeliani frontalieri. Munizioni in esaurimento? Forse, ma non abbiamo prove. Potrebbe anche darsi che sia più difficile manovrare le armi sotto la bolla d’intelligence israeliana, quasi ermetica su Gaza, come osserva il corrispondente di Npr, Greg Myre. Possibilità operative esisterebbero però ancora a Zaytoun, nel sud di Gaza City, da dove sono partiti i rari lanci delle ultime settimane, quasi tutti effettuati dalla Jihad islamica palestinese. Ma ci sono lanciarazzi anche a Khan Younis e sicuramente a Rafah, prossimo obiettivo delle forze di sicurezza israeliane, stando al ministro della difesa Yoav Gallant.

​La "produzione in autonomia" e la rete dei tunnel

Con il corridoio di Filadelfia, Rafah è sempre stata uno , che fabbrica in atelier misti, molti dei quali sotterranei. Ed è qui che affiorano i primi dubbi. Per il Wall Street Journal, la rete di tunnel terroristica sarebbe ancora per tre quarti in piedi. Un labirinto senza fine: i cunicoli non sarebbero tutti interconnessi e sarebbero scudati da porte anti-esplosione e anti-allagamento, un ostacolo alle azioni israeliane. Difficile che Hamas conservi capacità residue di produzione, guerra durante. Per l’intelligence militare ebraica, il gruppo sarebbe ridotto all’osso: non avrebbe più che un migliaio di razzi, occultati in arsenali e sparati da silos sotterranei, molto difficili da scovare. Ci dobbiamo fidare? Prima della guerra, le stime più pessimiste accreditavano l’arsenale dei terroristi in 20mila proiettili, se non oltre. Hamas ne avrebbe usato finora più di 14mila, ecco perché il conto finale non torna del tutto. Per il centro di studi strategici Begin-Sadat, gran parte dei 3.500 pezzi di raggio superiore ai 15 chilometri è stata prodotta in passato nel giro di 20 mesi, un ciclo molto rapido che si traduce in una media di 175 esemplari al mese.

Citato a ottobre dalla Cnn, Ali Baraka, responsabile di Hamas per le relazioni nazionali all’estero, ha confermato che a Gaza ci sono fabbriche per tutto: «Per razzi da 250, 160, 80 e 10 chilometri. E non mancano le armerie per mortai, granate, mitragliatori e munizioni associate». Secondo il New York Times, l’assemblaggio sarebbe molto fluido, perché gli esplosivi ad alto potenziale abbondano in ogni angolo di Gaza, bombardata da Israele ogni due anni in media. Oggi come oggi, ai guerriglieri mancherebbe però la libertà di manovra per recuperare gli ordigni inesplosi e il lavoro dovrebbe essere rimandato a fine conflitto, sempre che Hamas rimanga ancora in vita, vista la determinazione israeliana a farne tabula rasa.

​Il rischio di "rigenerazione" del gruppo

Il rischio di rinascita è però concreto perché, già dal 2021, se non prima, i terroristi si sono svincolati dall’estero per il 60-70% delle munizioni che, per essere usate, hanno bisogno di uomini e di rampe di lancio, entrambi rigenerabili. In un quadrimestre, le forze di sicurezza ebraiche avrebbero eliminato più di 9mila dei 25-30mila effettivi di Hamas e distrutto più di 700 lanciarazzi, di cui è ignoto il dato assoluto. Hamas potrebbe averne ancora decine, forse centinaia. Prima del conflitto del 2021, ne possedeva 850, a guerra finita 350. Quanti ne ha ricostruito? Avendo preparato per anni la guerra del 7 ottobre, avrà senz’altro accumulato scorte dell’intera panoplia. Serviranno ancora? Il mistero rimane, con un dato che inquieta: al 7 febbraio 2024, i terroristi conservano micro-capacità di attacco in tutti gli scacchieri della Striscia. Continuano a tendere imboscate ai soldati israeliani, lasciando presagire nuove battaglie.

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