martedì 17 maggio 2016
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Il ministro della Difesa nega dietrofront. Renzi: l’attenzione serve a pacificare ROMA «Non c’è alcun dietrofront» dell’Italia. Il più volte ipotizzato invio di militari italiani in Libia e la successiva decisione di non mandarli più sono frutto di ricostruzioni mediatiche, non delle intenzioni del governo. A lasciarlo intendere è il ministro della Difesa Roberta Pinotti, che smonta la ricostruzione giornalistica riportata ieri dal Corriere della Sera: «Non c’è nessuna decisione diversa da quelle che avevamo assunto in precedenza. Non è mai stata prevista la partenza di nessuno...». Da Milano, dove si trova per partecipare a un incontro dell’Ispi su «Europa: sicurezza e difesa: come gestire la crisi alle porte della Ue?», il ministro replica alle indiscrezioni secondo cui l’esecutivo ci avrebbe «ripensato» perché la situazione libica sarebbe troppo pericolosa. Non è così, argomenta la titolare della Difesa: «L’Italia ha sempre detto che, per stabilizzare la Libia, bisogna chiedere ai libici come fare. Debbono essere loro a decidere di cosa hanno bisogno. È la stessa cosa che stiamo facendo in Iraq», perché «in passato si è visto che la robu- stezza militare importata, e vissuta come uno sfregio all’orgoglio di un Paese, ha alimentato fenomeni di terrorismo». Da Roma, dopo un bilaterale col presidente della Polonia Andrzej Duda, il premier Matteo Renzi si sofferma en passant sulla questione: «L’attenzione specifica sulla Libia è utile per pacificare l’intera area del Mediterraneo e non solo per ridurre il numero di profughi e di arrivi in Europa», osserva il presidente del Consiglio, sottolineando «la straordinaria importanza dell’azione diplomatica della comunità internazionale guidata dal ministro Gentiloni » a Vienna. Per il presidente polacco Duda, «il problema è costituire un governo stabile per ridurre la pressione migratoria sull’Europa, così da restituire alle persone serenità». L’esecutivo italiano ripone speranze nel buon esito registrato al summit in Austria: «Dopo la conferenza di dicembre a Roma – ricorda il ministro Pinotti – ci sono stati il riconoscimento del Consiglio di presidenza libico e la risoluzione Onu. Speriamo che Vienna rappresenti un altro passo verso una stabilizzazione della Libia». A Roma la decisione di mantenersi nell’alveo di un prudente stand by è corroborata dall’analisi della frastagliata situazione libica (a parte la bellicosa presenza delle milizie islamiste del Daesh, sul territorio coesistono 140 tribù tradizionali, dette qabila, fra cui una trentina di peso), in cui il governo unitario di Fayez al-Sarraj si muove ancora con difficoltà. In altre cancellerie europee, continua ad affiorare l’ipotesi di frazionare il Paese in “protettorati”. Ma Roma non è d’accordo: «La scommessa dell’Italia è che la Libia rimanga unita. Forse qualcun altro si mette su un altro binario, ma noi no», puntualizza il ministro Pinotti, ribadendo che «per l’Italia è fondamentale continuare a dialogare con tutti i libici». In Parlamento, la linea “trattativista” è sostenuta in primis dal Pd: «L’Italia sarà al fianco di un Paese per noi cruciale – dice la capogruppo piddina in commissione Esteri alla Camera, Lia Quartapelle–, rispondendo a quanto richiesto dal governo di unità nazionale». Ma dentro Forza Italia si tende a dar credito alle indiscrezioni di stampa, con la responsabile comunicazione Deborah Bergamini che attacca: «Sono mesi che il governo fa annunci sull’invio di militari italiani in Libia, salvo poi ripensarci e fare dietrofront. Un atteggiamento ondivago che non giova alla credibilità del nostro Paese in campo internazionale». © RIPRODUZIONE RISERVATA Il trasferimento in Italia di un miliziano ferito a Misurata (Ansa)
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