venerdì 14 agosto 2020
Abu Dhabi sarà il terzo Paese della regione a normalizzare le relazioni con Gerusalemme. Nel mirino, il comune nemico iraniano
Il presidente Usa Donald Trump dà l'annuncio dell'accordo tra Israele ed Emirati Arabi Uniti

Il presidente Usa Donald Trump dà l'annuncio dell'accordo tra Israele ed Emirati Arabi Uniti - Ansa/Epa

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Un «grande passo», una «svolta storica», capace di imprimere un nuovo corso al presente e al futuro del Medio Oriente. Il presidente Usa Donald Trump non ha risparmiato gli aggettivi per descrivere l’accordo tra Israele e Emirati Arabi. Un’intesa di importanza tale da meritare uno scenario d’eccezione per la firma dei protagonisti. Il premier Benjamin Netanyahu e il principe ereditario Mohamed bin Zayed al-Nahyan si stringeranno la mano alla Casa Bianca, sotto lo sguardo soddisfatto del «grande amico» statunitense.

Prima, tuttavia, dovrebbe esserci, forse già la prossima settimana, un faccia a faccia a Gerusalemme tra i neo-partner. Il presidente israeliano, Reuven Rivlin ha già provveduto a inoltrare l’invito al principe al-Nahyan. Sulla carta, l’entusiasmo del leader Usa – seguito a ruota dal segretario di Stato, Mike Pompeo e dal genero nonché consigliere per il Medio Oriente, Jared Kushner – sembra giustificato.

Il piccolo regno di Abu Dhabi diventerà il terzo Paese nella turbolenta fascia che va dal Medio Oriente al Nord Africa a normalizzare i propri rapporti diplomatici con Gerusalemme e ad avere relazioni economiche formali, dopo Egitto e Giordania. I quali, non a caso, hanno lodato l’iniziativa. «Ora che il ghiaccio è rotto mi aspetto che molti altri Paesi arabi e musulmani seguano gli Emirati», ha aggiunto Trump. Mentre il segretario generale Onu, Antonio Guterres, ha definito benvenuta «ogni iniziativa a favore della pace».

Di fatto, però, negli ultimi anni, gli Stati del Golfo sono diventati alquanto sensibili al corteggiamento israeliano in funzione anti-sciita. Unita agli Emirati dal comune nemico Iran, Israele vi ha aperto fin dal 2015 una missione stabile, anche se formalmente limita alle questioni legale alle energie rinnovabili. Il Covid ha avvicinato ulteriormente i due Paesi che hanno avviato una collaborazione sanitaria a causa della pandemia. Già da tempo, comunque, sotto traccia, il flusso di affari è cospicuo. Certo, poca roba rispetto agli investimenti previsti nell’intesa come frutto di una serie di patti bilaterali in settori che vanno dai trasporti alla cultura.

Il perno dell’accordo è contenuto, tuttavia, nell’ultimo paragrafo. In cui «su richiesta del presidente Trump con il sostegno degli Emirati Arabi Uniti, Israele sospenderà la dichiarazione di sovranità sulle aree delineate nella Vision for Peace». In pratica, Netanyahu manda in soffitta il “Piano del secolo” – ovvero l’annessione di parte della Cisgiordania. Un progetto durato, in realtà, pochi mesi, a causa della brusca frenata della Casa Bianca (che pure l’aveva lanciato), della strenua opposizione della Giordania (alleato strategico di Israele) e delle perplessità dello stesso partner di governo, Benny Gantz, ministro della Difesa e futuro premier del governo a rotazione, molto attento – con i suoi generali – alle possibili conseguenze di una mossa unilaterale.

Netanyahu, in realtà, ha parlato di semplice «rinvio». «La nostra politica di annessione della Cisgiordania non è cambiata, in accordo con Washington – ha detto –. C’è stata una chiara richiesta di temporeggiare nell’annessione ma non è stata tolta dall’ordine del giorno». Può essere, anche se al-Nahyan, su Twitter, ha voluto sottolineare il carattere definitivo dello stop: «Durante una telefonata con il presidente Trump ed il primo ministro Netanyahu, è stata raggiunta un’intesa per fermare l’ulteriore annessione israeliana dei territori palestinesi». Di sicuro, almeno, il progetto di legalizzazione degli insediamenti è stato rimandato a data da destinarsi.

Il composito universo palestinese – da Hamas, a Fatah, alla Jihad islamica, ai comitati di resistenza – si è scagliato contro «la coltellata nella schiena» degli Emirati, affatto convinti dalle dichiarazioni del ministro degli Esteri di Abu Dhabi, Anwar Gargash secondo cui l’accordo rappresenta «un passo fondamentale nella direzione dei due Stati». Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, ha chiamato a raccolta la leadership in una riunione d’emergenza, andata avanti fino a tarda ora.
L’Iran, da parte sua, sente il cerchio stringersi intorno a sé: l’accordo acuisce l’isolamento della Repubblica islamicca nel Golfo. Il governo, però, non ha rilasciato alcun commento formale. A parlare è stata invece la Tasnim news agency, voce dei pasdaran, che ha bollato l’intesa come «vergognosa».




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