sabato 1 giugno 2024
Nasce la dichiarazione di Antigua e Barbuda: i grandi e l’Onu «adotteranno» le nazioni sparse negli oceani. Nascerà una cabina di regia. Solo dagli Stati Uniti arriveranno undici miliardi per salvarle
La spiaggia di Antigua. Sull'isola si è tenuta la conferenza internazionale dei piccoli Stati insulari

La spiaggia di Antigua. Sull'isola si è tenuta la conferenza internazionale dei piccoli Stati insulari - Ansa

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Biodiversità e prosperità. Migrazione e cooperazione. Finanza e resilienza. Sono i concetti chiave che sintetizzano la “Dichiarazione di Antigua e Barbuda”, il documento finale della quarta conferenza internazionale dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo (Sids). Un nuovo piano d’azione, a 10 anni, da cui dipende la sopravvivenza delle 39 minuscole nazioni sparse negli oceani: le più vulnerabili al cambiamento climatico. Organizzato nel campus dell’Università americana di Antigua, la più grande delle isole dell’arcipelago caraibico, il summit ha chiamato a raccolta, per quattro giorni, non solo i leader dei Paesi che fanno parte della speciale cordata Onu ma anche i loro “amici” stranieri per un totale di oltre 100 nazioni e quasi 4mila partecipanti tra rappresentanti dell’imprenditoria, della società civile e del mondo accademico. Una sorta di Cop in formato ridotto, in sostanza, riproposta dalle Nazioni Unite ogni dieci anni per fare il tagliando alle strategie con cui supportare le popolazioni che abitano questi remoti paradisi tropicali: circa 65 milioni di persone, appena l’1 per cento del totale mondiale, sempre più esposte a erosioni, inondazioni e uragani. Ovvero, agli effetti estremi del riscaldamento globale causato, in maggior misura, dai Paesi sviluppati. Il documento in 28 pagine è piuttosto denso. Contempla la creazione, proprio ad Antigua, di un centro di eccellenza dedicato allo sviluppo di competenze tecnologiche applicate all’ambiente e di iniziative di supporto alla sostenibilità del debito dei Paesi che fanno parte del Sids. Una sorta di cabina di regia.

L’urgenza di fare squadra torna anche nel capitolo sulla costruzione di economie resilienti perché interconnesse, ancorate una all’altra, per esempio, attraverso corridoi condivisi in materia di trasporti e approvvigionamenti. Il futuro di prosperità, questo è lo spirito della dichiarazione finale, deve passare anche attraverso la promozione di modelli innovativi di governance che non trascurino la tutela dei diritti umani e la lotta contro la povertà. Nutrita è anche la lista delle promesse messe nero su bianco dai “grandi” accorsi a sostegno dei “piccoli”.

Gli Usa si sono impegnati a quadruplicare gli aiuti finanziari in ambito climatico, portandoli a oltre 11 miliardi di dollari all’anno, perché gli Stati insulari minori ne beneficino in proporzioni più generose. Questo è anche l’obiettivo dell’Ue che ha promesso di mobilitare 300 miliardi di euro in nuovi investimenti pubblici e privati nell’ambito del piano Global Gateway. «Abbiamo ragioni – ha commentato in chiusura Amina Mohammed, vice segretario Onu – per sperare e essere ottimisti».

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