lunedì 17 aprile 2023
Più di 50 missili: colpite due chiese. La folla nei sotterranei della Cattedrale greco-cattolica di Kharkiv. Il vescovo: non è facile parlare di pace quando la gente viene uccisa
Il vescovo greco-cattolico di Kharkiv, Vasyl Tuchapets, benedice le uova

Il vescovo greco-cattolico di Kharkiv, Vasyl Tuchapets, benedice le uova - Gambassi

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Suonano gli allarmi antiaerei mentre viene intonato il canto “Cristo è risorto”. Ma nessuno fa troppo caso al ronzio sinistro che arriva fin nella chiesa sotterranea alle nove del mattino. L’invasione russa ha fermato il cantiere della nuova Cattedrale greco-cattolica di Kharkiv. E le liturgie si tengono nella grande cripta diventata un riparo in caso di raid. Compresa quella della Risurrezione che viene celebrata dalla maggioranza dei cattolici dell’Ucraina insieme con il mondo ortodosso una settimana dopo l’Occidente.

È la seconda Pasqua di guerra che anche stavolta diventa una Pasqua di sangue e distruzione. Vale per l’ex capitale del Paese, a meno di cinquanta chilometri dalla frontiera russa, che porta i segni dei missili su un terzo dei suoi edifici e che vede la sua regione bombardata in più punti. Vale per tutta l’Ucraina. A fine giornata saranno oltre 50 i razzi russi caduti sull’intera nazione che lasciano dietro di sé morti e feriti. Due le chiese colpite: una nell’oblast di Dnipro dove due persone finiscono in ospedale, l’altra in quella confinante di Zaporizhzhia al centro di un raid massiccio con 25 ordigni che arrivano fino a Mykolaiv dove vengono uccisi due adolescenti. A Sumy, nel Nord, le truppe di Mosca attaccano dal vicino confine un ospedale psichiatrico con 130 pazienti.

La chiesa ortodossa colpita da un missile nel giorno di Pasqua nel villaggio di Komyshuvakha nella regione di Zaporizhzhia

La chiesa ortodossa colpita da un missile nel giorno di Pasqua nel villaggio di Komyshuvakha nella regione di Zaporizhzhia - Reuters

Non c’è stata alcuna tregua, com’era prevedibile. Ma il rischio di possibili missili ipotizzato dai servizi di sicurezza e accompagnato dalla raccomandazione a «evitare assembramenti nelle chiese» non ferma un popolo che desidera «pace e tranquillità», spiega il sindaco di Kharkiv, Ihor Terekhov nel saluto che porta nelle diverse chiese della città. «Lo scorso anno non eravamo più di quindici. Adesso è tutto pieno», indica il vescovo greco-cattolico Vasyl Tuchapets. Nell’intera regione sono 40mila i fedeli che partecipano ai riti, secondo l’amministrazione locale. Mille i poliziotti davanti alle chiese. «Non è facile qui parlare di pace in una solennità che di per sé è un inno alla pace - riflette il vescovo -. Specialmente quando hai un familiare morto in battaglia o magari catturato oppure mentre continuano a piovere bombe o hai visto distruggere la tua casa. Siamo ancora sulla via del Calvario, ma consapevoli che la Risurrezione ci sarà anche per noi».

I fedeli davanti alla Cattedrale greco-cattolica di Kharkiv per la liturgia di Pasqua

I fedeli davanti alla Cattedrale greco-cattolica di Kharkiv per la liturgia di Pasqua - Gambassi

Un anno fa Kharkiv era sotto assedio, circondata dai carri armati mandati da Putin. Adesso è tornata a riempirsi: un milione e trecentomila gli abitanti. E a ospitare gli evacuati che hanno lasciato gli abitati dell’oblast sotto il fuoco russo. Come Taissia Mamontava, fuggita dal villaggio di Turove a dieci chilometri dal confine. «Ho vissuto nove mesi senza energia elettrica. E durante l’occupazione nel seminterrato per i continui bombardamenti. I militari ci avevano sequestrato tutti i cellulari. Poi, per impedirci di uscire, avevano riempito di mine le strade».

Per mano ha la figlia di dieci anni, Irina, che partecipa al pomeriggio di giochi organizzato dalla Cattedrale. Taissia ha trovato casa in città. E ricambia donando ai ragazzi il “paska”, il tipico panettone pasquale, che ha cucinato per la parrocchia. Però con sé non ha l’altro figlio, Maksym, quattro anni. «I mesi sotto i razzi lo hanno provato. Basta un piccolo rumore perché entri nel panico. E inizi a urlare: “Sparano, sparano”. Festeggiamo la Pasqua così, feriti nell’anima». Un uovo di cioccolato prova a regalare il sorriso ai più piccoli. Non ce ne sono in Ucraina. E quelli che vengono distribuiti dai volontari sono giunti dall’Italia, dalla parrocchia di Maccio in provincia di Como che dall’estate fa la spola con la seconda città dell’Ucraina per consegnare carichi solidali.

I fedeli davanti alla Cattedrale greco-cattolica di Kharkiv per la liturgia di Pasqua

I fedeli davanti alla Cattedrale greco-cattolica di Kharkiv per la liturgia di Pasqua - Gambassi

Arriva fino a Kharkiv l’eco dello scambio dei prigionieri di guerra che porta alla liberazione di 130 militari ucraini. Ma anche quello delle battaglie. Il vescovo Tuchapets celebra Messa fra i soldati in trincea. Nella Cattedrale i cestini da far benedire annunciano con le loro tovaglie la Risurrezione. Fra i nuovi “fedeli” i fuoriusciti della Chiesa ortodossa del patriarcato di Mosca. «Mi hanno detto che non erano più a loro agio in una comunità ecclesiale legata al Paese che ci ha aggredito», chiarisce il presule. Poi i rifugiati. «Qui hanno trovato alimenti, vestiario, medicine quando non avevano più nulla – racconta suor Olexia, energica religiosa di San Giuseppe –. E hanno scoperto che cos’è la Chiesa. “Non ci avevo mai messo piede”, è la frase che mi sento ripetere spesso. Il Vangelo della carità contagia ed evangelizza».

La liturgia di Pasqua nella cripta della Cattedrale greco-cattolica di Kharkiv

La liturgia di Pasqua nella cripta della Cattedrale greco-cattolica di Kharkiv - Gambassi

Non è un caso che per il Sabato Santo il vescovo abbia portato il «cibo pasquale», come lo chiama, a centottanta famiglie sfollate che risiedono in un campus scolastico. «Anche se Kharkiv è una metropoli che viene colpita quasi ogni giorno, la gente non vuole allontanarsi e spera che la guerra finisca al più presto. Ma purtroppo i tempi sembrano allungarsi».

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