A comandi: il presidente macron su un Airbus A400M, il suo partito domina il Parlamento (Ansa/Ap)
I ballottaggi delle elezioni legislative, epilogo del lungo processo elettorale francese cominciato lo scorso autunno con le primarie per l’Eliseo, hanno appena confortato la «rivoluzione» promessa dal nuovo presidente centrista 39enne Emmanuel Macron.
Ma se il numero di deputati conquistati da La République en marche (La Repubblica in cammino) è impressionante, ben 350 su 577, nel quadro del sodalizio con i centristi del Modem, impressiona forse ancor più l’astensionismo ai ballottaggi, superiore al 57%. Un record assoluto nella Quinta Repubblica, ovvero dal 1958.
L’opposizione appare più che mai frammentata. Il centrodestra a dominante neogollista ha ottenuto 137 seggi: resta in sella, ma ottiene il peggior risultato di sempre. I vertici dei due partiti della coalizione (Repubblicani e centristi dell’Udi) invocano già la necessità di rivedere la linea politica.
Sono stati invece disarcionati i socialisti della maggioranza uscente, che hanno raccolto le briciole: appena 46 deputati, considerando pure quelli andati ai partiti satelliti. Il segretario del Ps, Jean-Cristophe Cambadélis, si è già dimesso e il futuro del partito portato in auge negli anni Ottanta da François Mitterrand appare adesso più che mai incerto, anche sul piano degli equilibri finanziari.
I partiti estremisti sono stati frenati dal ciclone Macron. Il leader dell’ultrasinistra Jean-Luc Mélenchon, ottenendo appena 17 seggi, ha mancato l’obiettivo di apparire come il nuovo uomo forte della gauche. Analoga scommessa perduta per l’ultranazionalista Marine Le Pen, eletta nella propria circoscrizione ma alla testa di un drappello di appena 8 deputati.
In teoria, Macron ha adesso tutti i numeri per varare le riforme promesse in ambiti chiave come il diritto del lavoro, la moralizzazione della vita politica, l’anti-terrorismo e la scuola. Ma a votare la sua maggioranza parlamentare è stata una Francia astensionista che pare ancora diffidare dell’uomo nuovo giunto all’Eliseo. Da più parti, si sottolinea dunque il rischio che lo strapotere macroniano in Parlamento possa spostare presto la contestazione in piazza.