mercoledì 19 dicembre 2018
Attacco al giornale “El Confidencial” e al suo direttore, Carlos Chamorro: portati via i pc e aggrediti i reporter. La testata denuncia la repressione
Carlos Chamorro, direttore di El Confidencial

Carlos Chamorro, direttore di El Confidencial

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«Gli attacchi contro “El Confidencial” e “Esta Semana” sono sintomo della debolezza del regime». Non si arrende Carlos Chamorro, direttore di entrambe le testate e tra le più autorevoli voci del giornalismo centroamericano. Nel giro di pochi giorni, il governo di Daniel Ortega ha ordinato prima un blitz in redazione: pc e documenti sono stati portati via, buona parte delle attrezzature sono state distrutte. Quando, poi, i reporter si sono recati alla sede della polizia nazionale per chiedere conto dell’operazione, sono stati aggrediti e malmenati da una squadra anti-sommossa. L’attacco al Confidencial è l'ultimo atto del giro di vite di Ortega che, dopo le proteste in atto da aprile, ha chiuso progressivamente gli spazi di espressione democratica. La settimana scorsa, il Parlamento ¬ a maggioranza orteguista – ha deciso di togliere la personalità giuridica al Centro nicaraguense per i diritti umani, Ong in prima linea nella denuncia della repressione. Il blitz a “El Confidencial”, però, ha suscitato un coro di sdegno nell’opinione pubblica internazionale. Carlos Chamorro è uno degli intellettuali più autorevoli del Paese. Il padre – Pedro Joaquín -, anche lui giornalista, è stato tra i più fieri avversari di Anastasio Somoza che, per vendetta, lo fece assassinare. Il suo omicidio, però, nel 1978, segnò l’inizio della fine della dittatura. Prima di fondare “El Confidencial,” inoltre, il figlio Carlos ha diretto “Barricada”, organo ufficiale dei sandinisti che deposero Somoza. Da quando, dopo una parentesi di 17 anni, però, il sandinista Ortega è tornato al potere, Chamorro ha preso le distanze dal governo, denunciandone i legami torbidi con il mondo imprenditoriale e lo stile autoritario. “El Confidencial” ha dato ampio spazio alla rivolta esplosa il 18 aprile e costata la vita già a 325 persone, secondo la Corte interamericana per i diritti umani. A novembre, inoltre, aveva pubblicato la notizia che sarebbe stata Rosario Murillo, moglie di Ortega e vicepresidente, a organizzare la strategia repressiva contro gli oppositori.

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