venerdì 14 giugno 2024
Il leader del Cremlino ha detto d'essere pronto al cessate il fuoco se le truppe ucraine si ritireranno da Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson e se il governo di Kiev non aderirà alla Nato
Il presidente russo Vladimir Putin

Il presidente russo Vladimir Putin - Ansa

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Come una bordata di proiettili d’artiglierie, le dichiarazioni di Vladimir Putin piombano sul blindatissimo complesso del Bürgenstock, sul lago di Lucerna. Impossibile dalle 12 di giovedì avvicinarsi al resort che ospiterà la Conferenza di pace per l’Ucraina: 4mila i militari dispiegati, spazio aereo interdetto sulla struttura fino a lunedì con caccia F-18 di pattuglia. Ma la raffica di dichiarazioni del leader del Cremlino, come un lampo, bucato il “muro di cristallo” eretto dalle intelligence internazionali contro quasi certe infiltrazioni di spie russe e la barriera informatica contro attacchi hacker , già avvenuti, contro i siti della Confederazione. Il congelamento dei capitali russi in Occidente – tuona Putin incontrando a Mosca i vertici del suo ministero degli Esteri – è «un furto» che non rimarrà senza risposta.

La prima “sventagliata” è una replica alle decisioni del G7 di Borgo Egnazia. E poi, un ammonimento all’Europa: il «pericolo viene dagli Stati Uniti», e per salvarsi il “Vecchio mondo” non potrà che ricostruire «buoni rapporti con la Russia». Seconda raffica: «Egoismo» e «arroganza occidentale» ci hanno portato a una situazione «estremamente pericolosa; siamo arrivati vicini a un punto di non ritorno». Alza i toni lo zar, in un’escalation verbale, finalizzata a fare da contro canto alle conclusioni del G7, e offuscare in partenza il tentativo di costruire una “piattaforma di pace” condivisa in Svizzera. La Conferenza di pace di Lucerna non è che un «trucco per distogliere l’attenzione». Tutte queste premesse, per arrivare a formulare la sua proposta: «Sono pronto a sedermi al tavolo dei negoziati anche domani», perché è «una assoluta sciocchezza ipotizzare un attacco russo all'Europa», per Vladimir Putin è solo un modo di «giustificare la corsa agli armamenti». La Nato, invece, ha fatto dell’Ucraina il «suo trampolino di lancio contro la Russia». E dopo le raffiche verbale, la mano tesa: «la Russia è pronta al cessate il fuoco e ad avviare negoziati» se le truppe ucraine si ritireranno dalle regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson e se il governo di Kiev si impegnerà a non aderire alla Nato. Un piano, precisa il capo del Cremlino, non per un «congelamento» del conflitto, ma una «proposta reale di pace».

Mentre, un centinaio di delegazioni internazionali – in gran parte occidentali e con la vistosa assenza dei Brics (Brasile e India, oltre a Russia e Cina) – e 57 capi di Stato e di governo, stavano arrivando al Bürgenstock, la replica da Kiev non era meno tagliente delle accuse lanciate da Putin di buon mattino. «È tutta una farsa» afferma su X il consigliere della presidenza ucraina Podolyak, quelle di Putin sono proposte che «offendono il buon senso». Ancora più lapidario Volodymyr Zelensky , giunto ieri sera a Lucerna. Di Putin «non ci si può fidare», afferma in una intervista: «È come quando Hitler diceva ‘datemi una parte di Cecoslovacchia e finisce qui». Non meno perentorio il segretario alla Difesa statunitense, ieri a Bruxelles per vertice alla Nato: «Putin ha occupato illegalmente il territorio ucraino sovrano e non è in alcuna posizione di dettare all’Ucraina cosa deve fare per portare la pace». Quella di Putin, gli faceva eco il segretario generale dell’Alleanza Stoltenberg, «non è una proposta di pace», ma di «maggiore aggressione e maggiore occupazione» dimostrando che «l'obiettivo della Russia è controllare l’Ucraina».

A smorzare un poco i toni, la successiva replica del portavoce del Cremlino Peskov: le condizioni poste da Putin per la fine del conflitto in Ucraina «non sono un ultimatum» ma un’iniziativa che di pace che riflette l’attuale situazione. Una vigilia calor bianco, per una Conferenza che oltre che la Russia – non invitata perché si era detta in principio non disponibile a sedersi al tavolo con Zelensky – ha come “convitato di pietra” la Cina di Xi Jinping.

Indiscrezioni di stampa parlavano ieri di un ruolo del Dragone nel dissuadere molti dei Paesi asiatici e non allineati a dare credito all’iniziativa svizzera. Pechino, oltre a rifiutare l’invito avrebbe fatto pressione sui suoi alleati e partner per boicottare Losanna puntando invece su un piano di pace in sei punti approvato, un mese fa, insieme al Brasile, altro Brics. Ci sarebbe, insomma, un “piano alternativo” cinese. Quel che è certo è che da Oriente è arrivato un appello a Russia e Ucraina «a incontrarsi a metà strada» e «ad avviare tempestivamente i colloqui di pace per raggiungere un cessate il fuoco e la fine della guerra». Parola del vicerappresentante permanente della Cina presso l'Onu, Geng Shuang, alla riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite convocata su richiesta della Russia alla vigilia del vertice. «La posizione della Cina sulla questione ucraina è coerente e chiara» ha proseguito il diplomatico, che ha ribadito come il Paese sia intenzionato «a mantenere una stretta comunicazione con tutte le parti».

Ma il ministero degli Esteri svizzero ieri ribadiva quanto già detto dalla presidente Viola Amherd: lo scopo del summit che si apre oggi a Lucerna «è di avviare un processo di pace» con discussioni su problemi concreti in grado di creare le premesse a un vero negoziato. Sicurezza alimentare, sicurezza con una attenzione particolare alla questione nucleare ed emergenza umanitaria. Una «piattaforma» per avviare non un negoziato, ma un confronto. Formula che ottiene una scontata “benedizione” nelle conclusioni del G7. Ma a Lucerna c’è chi parla già di una seconda Conferenza, questa volta magari con Putin e Zelensky presenti, se non allo stesso tavolo. E non a Lucerna, ma in un Paese dell’Est, e più vicino a Pechino

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