Almeno 101 delle 110 studentesse nigeriane rapite il 19 febbraio scorso nella città di Dapchi dai jihadisti di Boko Haram sono state liberate e sono tornate dalle loro famiglie. La notizia inizialmente data da BBC News citando diversi testimoni è stata confermata dal governo nigeriano.
Non è ancora chiaro come e perché sia avvenuta la liberazione, ma il governo nigeriano aveva detto che era disposto a negoziare con i rapitori, come aveva già fatto dopo il sequestro delle 276 studentesse rapite a Chibok nell’aprile 2015.
"Non mandate più le vostre figlie a scuola": è stato questo, secondo un testimone, il monito con cui i jihadisti di Boko Haram hanno accompagnato la liberazione di alcune ragazze rapite a Dapchi. I Boko Haram sono un'organizzazione terroristica jihadista sunnita diffusa nel nord della Nigeria e alleatasi nel 2015 con il Daesh: la formazione, il cui nome significa "l'istruzione occidentale è proibita", vuole imporre al Paese la sharia, legge islamica.
Sul Wall Street Journal viene riportato anche che le ragazze liberate sarebbero “decine” ma che altre, invece, sarebbero morte. "Le ragazze - ha raccontato Bashir Manzo, che guida un gruppo di supporto ai familiari delle studentesse sequestrate - sono state riportate indietro, su 10 veicoli e lasciate fuori dalla scuola alle 8 di mattina".
La denuncia di Amnesty: esercito nigeriano ha ignorato gli avvertimenti sull'arrivo dei miliziani di Boko Haram
La vicenda, molto simile al sequestro delle oltre 200 ragazze di Chibok nel 2014, aveva suscitato vive proteste da parte della popolazione e delle associazioni, che hanno accusato le istituzioni di non fare abbastanza per proteggere i civili dai jihadisti di Boko Haram. Pochi giorni dopo i fatti di Dapchi, il presidente Muhammadu Buhari aveva definito il sequestro un "disastro nazionale", e aveva assicurato che sarebbe stato fatto tutto il possibile per la liberazione delle ragazze, in particolare attraverso i negoziati. Ma, come a Chibok, l'organizzazione di difesa dei diritti umani assicura che le forze militari erano state allertate della presenza di gruppi jihadisti armati nella zona e non sono, tuttavia, intervenute.
Proprio Amnesty International si è pronunciata sulla vicenda, sostenendo che l'area di Dapchi non sia sufficientemente presidiata dall'esercito, nonostante sia in questa regione che Boko Haram opera. "Le autorità nigeriane sono venute meno al loro dovere di proteggere i civili, esattamente come fecero a Chibok quattro anni fa. Nonostante fossero state ripetutamente informate che Boko Haram si stava dirigendo verso Dapchi, né la polizia né le forze armate hanno fatto nulla per impedire il rapimento", ha affermato Osai Ojigho, direttrice di Amnesty International Nigeria.