Il presidente del Nicaragua, Daniel Ortega - Reuters
La diplomazia internazionale era rimasta interdetta quando, il 12 marzo 2022, il governo nicaraguense aveva deciso di espellere il nunzio, monsignor Waldemar Stanislaw Sommertag. Esattamente un anno dopo, il presidente, Daniel Ortega e la moglie, nonché vice, Rosario Murillo, hanno deciso di portare la tensione al massimo grado, annunciando una «sospensione» delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede dopo 115 anni.
Con un comunicato del ministero degli Esteri, il regime ha chiesto la chiusura delle rispettive sedi di rappresentanza: l’ambasciata nicaraguense in Vaticano e la nunziatura di Managua. Nella prima, dal 21 settembre 2021, non c’è un ambasciatore. A svolgere le sue funzioni, la «ministra consigliera» Yara Suhyén Pérez Calero. Dopo la partenza obbligata di monsignor Sommertag, a Managua, è rimasto il segretario della nunziatura, Mbaye Diouf, al quale, secondo fonti di stampa, sono state dati cinque giorni per lasciare il Paese.
Nei dodici mesi trascorsi tra l’espulsione del nunzio e la «sospensione» dei rapporti, la persecuzione della Chiesa nicaraguense – insieme all’oppressione della società civile – ha raggiunto livelli senza precedenti. L’arresto e la condanna a ventisei anni del vescovo Rolando Álvarez, recluso nel carcere di La Modelo, ne è l’emblema. «Un grande amico», l’ha definito papa Francesco al termine dell’Angelus del 12 febbraio e «un uomo molto serio, molto capace», in una recente intervista con il sito argentino Infobae, in cui ha pronunciato parole forti nei confronti del regime nicaraguense. Eppure, come ha spiegato lo stesso Pontefice in un’altra conversazione, a dicembre, con il quotidiano spagnolo Abc, «la Santa Sede non se ne va mai da sola. Viene espulsa. Cerca sempre di salvare le relazioni diplomatiche e di salvare ciò che può essere salvato con pazienza e dialogo». Ed è proprio quanto ha fatto nel caso del Nicaragua, il quale, però, da parte sua, ha continuato ad alzare il tiro. La settimana scorsa, la Caritas è stata costretta all’autoscioglimento e le tradizionali processioni per la Quaresima sono state proibite.
Con la sospensione delle relazioni, Managua compie il primo passo per diventare il quattordicesimo Paese a non avere rapporti con il Vaticano. Degli attuali tredici – Vietnam, Corea del Nord, Cina, Laos, Afghanistan, Arabia Saudita, Somalia, Mauritania, Maldive, Comore, Brunei, Buthan e Oman (il quale però ha avviato un percorso di normalizzazione) –, nessuno è ad ampia maggioranza cattolico. Oltretutto, tali si definiscono anche Ortega e Murillo per quanto non si stanchino di lanciare insulti pesanti «alla mafia vaticana e dei vescovi». Il congelamento delle relazioni con la Santa Sede isola ulteriormente il regime, sconfessato anche dai governi progressisti latinoamericani e accusato dall’Onu di «crimini contro l’umanità».