INTERVISTA«Corruzione e impunità i due veri mali»«Il governo s’illude di poter sconfiggere i narcos coi fucili, sparando nel mucchio. Così finisce con il mancare il bersaglio: i vertici delle organizzazioni criminali». È sicuro Guillermo Zepeda Lecuona, docente del Centro di Investigacion para el Desarrollo (Cidac) di Città del Messico: la "mano dura" di Calderon non ha dato i risultati sperati. Il massiccio dispiegamento dell’esercito - finora sono stati schierati 45mila uomini - non ha indebolito le bande criminali. Professore, si può parlare di un tentativo dei narcos di impossessarsi di pezzi del Paese?Certo. Da quando i trafficanti hanno dovuto ripiegare sul mercato locale si è assistito a un "decentramento della violenza". Lo spaccio interno richiede meno organizzazione e disciplina rispetto all’export. I grandi cartelli hanno ceduto spazio a gruppuscoli più piccoli e meno organizzati che realizzano fra loro alleanze instabili. Il risultato è la guerra di tutti contro tutti. Ci sono, inoltre, ampie aree del Paese dove l’intera economia, anche quella legale, dipende dal commercio di stupefacenti. Qui i narcos esercitano un potere parallelo a quello dello Stato: impongono il pizzo ai commercianti e costringono i contadini a coltivare droga. Chi non si piega viene ucciso o è costretto ad andarsene. Come si è arrivati a questo punto?Ad affollare le carceri sono solo i "pesci piccoli". Dei 15mila condannati per droga, l’87% sono consumatori o spacciatori improvvisati.Come mai i vertici delle bande criminali restano liberi?Le autorità hanno puntato molto sull’uso della forza. Senza, però, rafforzare in modo adeguato l’unica arma davvero efficace contro il narcotraffico: le sezioni investigative specializzate della polizia. Al contrario, i narcos fanno attacchi mirati: uccidono i migliori magistrati e i vertici delle forze dell’ordine.Calderon, però, ha iniziato ad usare l’esercito contro i narcos a causa della corruzione presente nella polizia...Il presidente ha chiamato in causa l’esercito, ammettendo di fatto che i 370mila poliziotti non sono affidabili. Parallelamente, non c’è stata però un’azione volta a estirpare la corruzione. Che resta uno dei due maggiori problemi del Paese.Qual è l’altro?L’impunità. Senza quest’ultima non sarebbe comprensibile il proliferare del narcotraffico come industria. In Messico, la probabilità che un criminale finisca di fronte al giudice è di appena l’1,7%. Come reagisce la gente all’ondata di violenza?Nel Nord, c’è stato a lungo il culto dei narcos. Un famoso trafficante, Malverde, è diventato una sorta di "santo popolare". Ora, però, qualcosa sta cambiando. La gente è stanca di sangue e violenza.
Il Nord del Paese da 24 mesi nella morsa dello scontro tra i 7 cartelli della cocaina, che combattono tra loro per assicurarsi il mercato interno e l’export verso l’America, e del conflitto tra forze dell’ordine e criminali spietati. Varate norme ancora più severe
INTERVISTA«Corruzione e impunità i due veri mali»«Il governo s’illude di poter sconfiggere i narcos coi fucili, sparando nel mucchio. Così finisce con il mancare il bersaglio: i vertici delle organizzazioni criminali». È sicuro Guillermo Zepeda Lecuona, docente del Centro di Investigacion para el Desarrollo (Cidac) di Città del Messico: la "mano dura" di Calderon non ha dato i risultati sperati. Il massiccio dispiegamento dell’esercito - finora sono stati schierati 45mila uomini - non ha indebolito le bande criminali. Professore, si può parlare di un tentativo dei narcos di impossessarsi di pezzi del Paese?Certo. Da quando i trafficanti hanno dovuto ripiegare sul mercato locale si è assistito a un "decentramento della violenza". Lo spaccio interno richiede meno organizzazione e disciplina rispetto all’export. I grandi cartelli hanno ceduto spazio a gruppuscoli più piccoli e meno organizzati che realizzano fra loro alleanze instabili. Il risultato è la guerra di tutti contro tutti. Ci sono, inoltre, ampie aree del Paese dove l’intera economia, anche quella legale, dipende dal commercio di stupefacenti. Qui i narcos esercitano un potere parallelo a quello dello Stato: impongono il pizzo ai commercianti e costringono i contadini a coltivare droga. Chi non si piega viene ucciso o è costretto ad andarsene. Come si è arrivati a questo punto?Ad affollare le carceri sono solo i "pesci piccoli". Dei 15mila condannati per droga, l’87% sono consumatori o spacciatori improvvisati.Come mai i vertici delle bande criminali restano liberi?Le autorità hanno puntato molto sull’uso della forza. Senza, però, rafforzare in modo adeguato l’unica arma davvero efficace contro il narcotraffico: le sezioni investigative specializzate della polizia. Al contrario, i narcos fanno attacchi mirati: uccidono i migliori magistrati e i vertici delle forze dell’ordine.Calderon, però, ha iniziato ad usare l’esercito contro i narcos a causa della corruzione presente nella polizia...Il presidente ha chiamato in causa l’esercito, ammettendo di fatto che i 370mila poliziotti non sono affidabili. Parallelamente, non c’è stata però un’azione volta a estirpare la corruzione. Che resta uno dei due maggiori problemi del Paese.Qual è l’altro?L’impunità. Senza quest’ultima non sarebbe comprensibile il proliferare del narcotraffico come industria. In Messico, la probabilità che un criminale finisca di fronte al giudice è di appena l’1,7%. Come reagisce la gente all’ondata di violenza?Nel Nord, c’è stato a lungo il culto dei narcos. Un famoso trafficante, Malverde, è diventato una sorta di "santo popolare". Ora, però, qualcosa sta cambiando. La gente è stanca di sangue e violenza.
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