Una classe della scuola dei Fratelli maristi a Likuni in Malawi
Perché non torni a scuola con noi? «Quando abbiamo parlato di questo ho pianto tanto. È come se tutta la situazione vissuta fino a quel momento fosse venuta fuori con le mie lacrime» confida Marta, 16 anni, raggiunta nel suo villaggio nel distretto di Balaka da alcune ex compagne di scuola della Open school dei fratelli maristi. «Durante la pandemia – spiega – sono rimasta incinta e quell’uomo ha negato la paternità del bambino. Mi sono trovata a dover abbandonare la scuola, in una situazione di angoscia e senza prospettive per il futuro».
In Malawi quello di Marta – il nome è comprensibilmente di fantasia – non è certo un caso isolato da quando il 23 marzo le scuole sono state chiuse. «Matrimoni infantili alle stelle da quando il Covid-19 ha chiuso le scuole », titolava a fine agosto The Telegraph. È questo, nel Paese africano, il lato più oscuro della pandemia. I dati sono di un’eloquenza che annichilisce: se già in precedenza circa la metà delle ragazze si sposava prima dei 18 anni, la situazione è drammaticamente peggiorata durante il lockdown tanto che il governo ha deciso di intervenire. Nel distretto meridionale di Phalombe, le gravidanze di adolescenti sono addirittura triplicate: 2.600 nei primi sei mesi di quest’anno, contro i 913 dell’anno precedente, mentre le segnalazioni di stupri sono cresciute del 400 per cento. Dati che non tengono conto dei numerosi casi di ragazze, spesso in villaggi remoti, che non possono o non vogliono avere contatto con le strutture sanitarie statali. Una situazione ben presente pure a Likuni e Balaka, agglomerati di villaggi dove i fratelli maristi operano con le loro scuole e dove la maggior parte delle aree rurali non è facilmente accessibile: strade impraticabili e scarsa diffusione di Internet e della rete telefonica limitano molto l’accesso alle informazioni di base sulla prevenzione dal contagio da coronavirus. E la chiusura delle scuole rappresenta pure il distacco da ogni comunità educativa, in particolare per le giovani.
Una “segregazione” che potrebbe essere per il resto della vita. «Come potevo tornare a scuola? Con il bambino in arrivo in famiglia avremmo dovuto fare ancora più economia e certo non potevo permettermi di continuare a studiare», prosegue Marta. In una nazione dove solo il 32% degli studenti passa dalla scuola primaria a quella secondaria – a causa di un sistema di istruzione statale molto selettivo sia per le poche strutture, ma anche per un modello di scuola residenziale che risulta inaccessibile al ceto medio sia per i costi che per le distanze – l’unica possibilità è di ricostruire una rete di relazioni fin dentro le più piccole comunità locali. Per questo, insieme a Fmsi (Fondazione maristi solidarietà internazionale, socio Focsiv), le due scuole dei fratelli maristi – riaperte come in tutto il Paese il 12 ottobre – hanno avviato una campagna per arginare la diffusione della pandemia, ma allo stesso tempo sensibilizzare contro violenza di genere e matrimoni precoci. «L’idea è di combinare tutte le attività riguardanti la violenza di genere, i matrimoni precoci e il Covid-19 perché c’è un legame fra questi tre problemi», spiega fratel Francis Jumbe, anima del progetto.
Le informazioni di base sono contenute in due tipi di messaggi radio e in due poster, ma soprattutto spiegate con visite alle comunità rurali con un’auto dotata di un altoparlante per suscitare un primo moto di consapevolezza. Spesso sono le donne stesse che tendono a nascondere gli abusi per evitare accuse o vergogna. Negli incontri vengono coinvolti i leader delle comunità locali e le giovani del “Girl empowerment club”, gruppo di studentesse mariste nato per promuovere l’accesso all’istruzione delle ragazze, che con piccoli drammi teatrali invitano a riflettere sulle violenze e sui matrimoni precoci forzati: «Lo scopo – conferma fratel Francis – è di creare consapevolezza sul fatto che le ragazze che stanno a lungo a scuola hanno maggiori possibilità di raggiungere un futuro migliore». Un triste dèja vù per il Malawi che nel 2014 visse un lockdown di 7 mesi a causa dell’epidemia di ebola, con ricadute sociali del tutto simili. Una “mobilitazione” dei volontari maristi che vuole raggiungere, con incontri pubblici, affissioni di cartelli in mercati, chiese e moschee, circa 19mila persone. Ma anche ridare una seconda possibilità a 30 ragazze che, grazie a un finanziamento di 100 euro, potranno tornare a frequentare la Open school di Balaka e poi frequentare un corso di formazione professionale per avviare una piccola attività. «Un bel giorno durante una visita mi hanno detto che ero stata selezionata per una borsa di studio per poter riprendere a frequentare la scuola. Non potete immaginare la gioia che ho provato – esclama Marta –. Mi sono messa a ballare e cantare e finalmente il futuro mi è apparso come un bel cielo sereno».