venerdì 23 agosto 2024
Tel Aviv non è disposta a rinunciare alla presenza militare nel Corridoio Filadelfia e respinge l’ipotesi che vi venga schierata una forza internazionale
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Tregua sì, tregua no. E intanto sono passati dieci mesi e mezzo d’inferno, dal massacro di Hamas nel sud d’Israele alla guerra quotidiana a Gaza. Dieci mesi e mezzo nei quali le parole più abusate, in Israele e fuori, sono state tregua e ostaggi. Le autopsie condotte sui sei cadaveri riportati a casa nei giorni scorsi hanno evidenziato fori di proiettili. Segno che i carcerieri gli avrebbero sparato. Ancora da identificare i quattro corpi trovati lì accanto. Si ipotizza che siano quelli degli assassini: niente proiettili, ma identica sorte. Nell’enclave restano 109 ostaggi, vivi o morti.

Giovedì sera al Cairo sono sbarcati i capi dello Shin Bet, Ronen Bar, e del Mossad, David Barnea: portavano con sé la mappa aggiornata delle richieste sul Corridoio Filadelfia, che corre per 14 chilometri tra la Striscia e l’Egitto ed è occupato dai soldati con la stella di David. Gli israeliani tengono anche il Corridoio Netzarim, lo stradone est-ovest che hanno creato per separare Gaza City dalla zona centro-meridionale. Tel Aviv non è disposta a rinunciare alla presenza militare nelle due cinture strategiche e respinge l’ipotesi (che Hamas sembra disposto ad accettare) che vi venga schierata una forza internazionale.

A credere che sia ancora possibile l’accordo sembrano essere rimasti l’Egitto – parte in causa sul Corridoio Filadelfia, poiché respinge l’ipotesi di militari israeliani stanziati sul confine – e gli Stati Uniti di Joe Biden, per il quale un successo in Medio Oriente sarebbe balsamo sulla campagna elettorale dei democratici. Giovedì sera è giunta al Cairo anche la delegazione americana con il direttore della Cia, William Burns. Nei prossimi giorni dovrebbe arrivare il primo ministro del Qatar, Sheikh Mohammed bin Abdulrahman al-Thani, che prima farà tappa in Iran. Da dove non è scattata l’annunciata rappresaglia anti israeliana dopo l’uccisione, a Teheran il 31 luglio, del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh. «I tempi della risposta dell’Iran saranno meticolosamente orchestrati per garantire che avvenga in un momento di massima sorpresa» ha tuonato la missione iraniana all’Onu.

Dal Libano, il ministro degli Esteri Abdullah Bou Habib ha avvertito che «se i negoziati su Gaza fallissero, la situazione nella regione potrebbe sfuggire al controllo». Le forze armate israeliane hanno confermato «oltre dieci attacchi» contro «obiettivi terroristici» di Hezbollah nel sud del Paese. Nel mirino sono finiti depositi di armi, edifici e una postazione per il lancio di razzi. «Dobbiamo essere sempre più pronti per la campagna che si sta espandendo nel nord» ha detto il nuovo capo della Direzione dell’intelligence militare, Shlomi Binder.

Nel lavorìo diplomatico che da mesi percorre il Medio Oriente s’inserisce la visita in Arabia Saudita del presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, che martedì a Riad incontrerà il principe ereditario Mohammed bin Salman. A seguire volerà al Cairo, per concordare i termini di un suo ingresso dall’Egitto nella Striscia. Richiesta subordinata all’approvazione di Israele e Usa.

Sul terreno di Gaza – dove il bilancio delle vittime fornito da Hamas è salito a 40.265, di cui 42 nell’ultima giornata – i carri armati si sono spinti più in profondità al sud e al centro. L’esercito ha detto di avere intensificato le operazioni a Deir al-Balah e a Khan Yunis, dove ha smantellato strutture militari, individuato armi e ucciso miliziani.

Un’avanzata lenta e inesorabile, resa possibile anche da migliaia di informatori locali. Sarebbe stato un palestinese di 19 anni, scrive il Jewish Chronicle, a consentire di individuare e uccidere, il 13 luglio, il numero due di Hamas a Gaza, Muhammad Deif (anche se Hamas nega che sia morto). Il giovane sarebbe stato uno dei numerosi corrieri usati dai miliziani per portare le informazioni nei tunnel. In cambio della soffiata avrebbe chiesto, e ottenuto, l’asilo negli Usa. Stando al giornale, gli informatori fornirebbero la posizione di alti funzionari di Hamas (e degli ostaggi) chiamando il numero di un arabo israeliano che finge di essere un loro parente.

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