venerdì 23 agosto 2024
Il parroco di Caivano: ma gli onesti di quel rione sono eroi
La Vela di Scampia

La Vela di Scampia - ANSA

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Napoli allo specchio. Uno specchio che ne rivela le esuberanti bellezze ma anche le sue ataviche ferite. Ferite che chiedono di non essere solamente lenite ma – finalmente! - guarite. Solo un mese fa abbiamo pianto i morti della Vela celeste di Scampia. Grazie a Dio, la pietà non è venuta meno. Il sole spaccava le pietre, l’afa appesantiva il respiro, la gente correva verso il mare e i monti per un po' di refrigerio. Voglia di spiensieratezza, di divertimento, di leggerezza. Voglia di vivere che, a Napoli, non è mai mancata. Anche quando la vita si faceva avara, tirchia, pesante; anche quando occorreva non poco coraggio per ridere, a Napoli si è continuato a ridere. Il cedimento, improvviso, del ballatoio della Vela celeste ci risvegliò dal sonno. Ci afferrò per il collo e ci inchiodò davanti allo specchio. Quel crollo, inutile negarlo, non meravigliò nessuno.

Tutti sapevano tutto. Il problema è che spostare centinaia di persone povere da un quartiere popolare non è semplice. Solo gli ingenui e gli ipocriti parlano o per sentito dire o nel tentativo d’infangare la parte politica avversa. Quanti sono oggi i luoghi a rischio in Italia? Ne abbiamo la mappa certa? E che cosa si sta facendo per mettere in sicurezza la gente? Accade, non di rado, che chi ne ha la responsabilità, per un motivo o per un altro, dimentica, o finge di dimenticare. Fino a quando… fino a quando non ci scappa il morto. O i morti, come nel caso di Scampia. Ecco allora scattare la caccia alle streghe e la corsa allo scaricabarile. Ecco anche - e sarebbe ingiusto dimenticarlo - la buona volontà delle attuali autorità. La notte stessa del crollo, il dottor Michele Di Bari, prefetto di Napoli, dalla Puglia, raggiunge il luogo del disastro. Tutti ne apprezzano lo zelo professionale e lo spessore umano. Il sindaco Manfredi, il questore Agricola, l’arcivescovo Battaglia, forze dell’ordine, vigili urbani e vigili del fuoco, tutti sono a Scampia. I volontari, poi, come sempre, preziosi.

Nelle tragedie gli uomini danno il meglio di sé. È come se un fiume carsico emergesse all’improvviso. È in quei momenti che l’uomo diventa veramente uomo. I mesi che verranno, però, saranno più pesanti. Quando, esaurita la spinta emotiva, occorre fare i conti con la quotidianità. Quando l’afa lascerà lo spazio alle prime piogge. Quando i bambini faranno ritorno a scuola senza la presenza del papà o della mamma. Quel tempo sta per arrivare.

Un mese è già passato. Settembre è alle porte. Il denaro per costruire “case nuove”, a quanto pare, non manca. Ci permettiamo, umilmente, di suggerire che siano veramente “case” e veramente “nuove”. Agli sfollati sono stati assegnati dei contributi per aiutarli, intanto, a pagare l’affitto, in attesa di prendere possesso degli alloggi. Che cosa manca? Mancano gli appartamenti da fittare. La gente di Scampia porta sulle spalle un peso insopportabile, un marchio difficile da cancellare. Non tutti hanno una busta paga da esibire. I bambini sono troppi.

Tanti proprietari ed agenzie immobiliari hanno timore. Eccolo, lo specchio spietato, nel quale tutti dobbiamo rimirarci. Ecco la prova del nove per chi si dice cittadino perbene, e, ancor di più, cristiano. A costoro vorremmo dire sottovoce: «Non abbiate paura. I camorristi – vostri e nostri nemici – sono diluiti in tutta la città di Napoli, in tutta la penisola. Gli onesti di Scampia, come quelli di Parco Verde, di Ponticelli, di Casal di Principe, di Corleone, di San Luca, in Calabria, non sono solo onesti, ma dei veri e propri eroi. Sono dei santi che pur vivendo a contatto con il fango non si sono sporcati. Queste persone sono il sale della città, il futuro della società. È di questa gente che l’Italia necessita. E se in un mondo che per pigrizia, per egoismo, per ideologiche convinzioni, ha imboccato la strada del suicidio, rifiutandosi di mettere al mondo i figli, c’è chi, ancorché povero, ha il coraggio di chiamarli in vita. Questa gente va ringraziata e aiutata, non penalizzata».

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