Papa Francesco con l'arcivescovo Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina lo scorso settembre in Vaticano - Ansa-Vatican Media
È una « neutralità positiva» quella del Papa e della Santa Sede di fronte alla guerra in Ucraina. Però nelle loro azioni e nei loro gesti «non vediamo in nessun frangente alcuna neutralità morale». Anzi, «nel caso dell’ingiusta aggressione della Russia», si distingue «chiaramente l’aggressore e la vittima del suo attacco» e si «sostiene sempre colui che ne è diventato vittima: il popolo ucraino». Sono parole di rassicurazione e di chiarimento quelle che arrivano dalla Chiesa greco-cattolica ucraina nel lungo messaggio del Sinodo dei vescovi per il secondo anniversario dell’inizio del conflitto. Un testo in cui si denuncia la brutalità dell’invasione, i crimini commessi, l’ideologia russa. Ma viene anche analizzo l’impegno vaticano in questo «tempo terribilmente doloroso e crudele», si evidenzia. Per sgombrare il campo da incomprensioni ecclesiali che in Ucraina sono diffuse e che sono riassunte in maniera strumentale in uno slogan: «Il Papa è filorusso». La neutralità della Santa Sede, si legge nel messaggio firmato dall’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, a nome di tutti i pastori, «consiste nel fatto che non si limita all’osservazione, ma cerca di promuovere il dialogo tra le parti in conflitto» servendo «la causa della pace e della cooperazione internazionale».
Poi il richiamo a Francesco. Il Vescovo di Roma, con «la posizione “super partes” in stato di guerra, ha dato e consente al Vaticano di svolgere un ruolo importante, a volte decisivo, nella risoluzione di una serie di situazioni di conflitto in tutto il mondo, nonché nel facilitare la creazione di canali per lo scambio di prigionieri e il sollievo delle sofferenze della popolazione civile». Lo sanno bene – aggiungono i vescovi ucraini – «molte madri e mogli» del Paese sotto le bombe che «ricordano con gratitudine il ruolo del Santo Padre nella liberazione dei soldati catturati o dei bambini deportati». Sono «sforzi di mediazione diplomatica» del Papa che si aggiungono al «coraggio di chiamare male il male, sanando le ferite umane con parole di verità». Come è avvenuto, ad esempio, l’8 gennaio 2024, durante l’incontro di Francesco con il corpo diplomatico quando «il Papa ha ricordato che è stata la Russia a lanciare una guerra aggressiva contro l’Ucraina e ha sottolineato che i crimini di guerra richiedono una risposta adeguata da parte della comunità internazionale», spiegano i vescovi greco-cattolici.
Nel documento si censura, poi, l’apporto offerto dal patriarcato di Mosca al Cremlino anche con «la propaganda di guerra» intorno all’altare. Tutto ciò «conferisce all’ideologia del “mondo russo” uno spirito quasi religioso raffigurando la Russia come ultimo baluardo del Vangelo sulla terra» e così «compromette il cristianesimo in quanto tale minando la fiducia verso la Chiesa».