Il bazaar della capitale iraniana, Teheran (Ansa)
In un solo colpo, investe – nuovamente – l’economia iraniana con il cappio delle sanzioni, accende l’ennesimo fronte di frizione con l’Europa, mette fine a qualsiasi pratica multilaterale con Cina e Russia, rinforza l’asse con Israele e Arabia Saudita. Annunciato già in campagna elettorale, formalizzato l’8 maggio scorso, ribadito il 21 maggio con l’annuncio delle «più dure sanzioni della storia», da oggi il “piano” di Donald Trump è realtà, con l’entrata in vigore della prima tranche di sanzioni contro Teheran (per la seconda bisognerà aspettare il 5 novembre).
È l’atto conclusivo con cui il presidente americano seppellisce l’accordo sul nucleare raggiunto nel 2015 dai cosiddetti “5 +1” (Usa, Russia, Cina, Francia, Regno Unito, Germania). Al tempo stesso, il tycoon si è detto pronto a incontrare il presidente iraniano Hassan Rohani «in qualunque momento». Trump «resta aperto al raggiungimento di un accordo più ampio» con l’Iran che «affronti l’intero spettro delle attività maligne del regime, compreso il programma di missili balistici e il suo sostegno al terrorismo». L’Iran resta «una minaccia». La replica di Rohani: quella degli Usa è «una guerra psicologica» ma se mostreranno «sincerità, l’Iran accoglierà con favore negoziati, ma non ha senso parlare di negoziati mentre si impongono sanzioni».
La prima tranche delle sanzioni riguarderà l’acquisto di dollari americani, il commercio di oro, metalli preziosi, carbone, e il settore dei software industriali e dell’auto. Ma anche il commercio di beni simbolo, come i tappeti e i pistacchi. Il secondo periodo di transizione di 180 giorni scadrà all’inizio di novembre, quando scatteranno le sanzioni legate al petrolio, al settore energetico e quello bancario e finanziario. Per il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, «si tratta di una parte importante dei nostri sforzi per respingere le attività maligne dell’Iran».